Si aggrava ulteriormente la posizione di M. S., il minore, che due settimane fa, affrontò e sfreggiò con una coltellata al viso la sua ex fidanzatina 12enne.
“Comunque ti devo sfregiare la faccia, meglio per te che non ti fai acchiappare“. Questo quanto si legge nello screenshot fatto dalla vittima di un messaggio inviatele dal suo aggressore. La giovanissima vittima, poi, lo inviò alla sorella affinchè rimanesse sempre traccia di quella tremenda minaccia, tramutatasi da li a poco in uno sfreggio permanente sul suo viso.
Un atto, dunque, premeditato. Risentimento e propositi di vendetta diventati una vera e propria spedizione punitiva. A confermare quella che appare oggi come una caccia instancabile alla propria vittima l’analisi del catturatarghe. Lo scooter del giovane violento è andato avanti e indietro quella sera come impazzito al fine di rintracciare e raggiungere la ragazzina e mettere in atto la vendetta, anticipata attraverso il messaggio whatsapp e che, oggi, spinge gli inquirenti a battere la pista dell’aggravante della premeditazione.
Del resto già la ricostruzione dell’aggressione non aveva lasciato spazio ai dubbi. La scena dell’aggressione è stata descritta in questo modo: “La ragazzina viene presa al collo e immobilizzata, mentre con l’altra mano, avviene lo sfregio alla guancia”.
Sfregiata a dodici anni. Il 17enne: “Non volevo ucciderla è stato un raptus”
La minorenne aveva deciso di interrompere un flirt, di dire basta alla relazione che le impediva quell’autonomia ed quell’emancipazione che vede il giovane indagato rinchiuso nell’istituto circondariale minorile, mentre la dodicenne inizia un lungo percorso di recupero, prima psicologico e poi fisico che quasi sicuramente la porteranno a sottoporsi a diversi interventi di chirurgia plastica.
Il caso è stato ricostruito nel corso dell’ordinanza di custodia cautelare a carico di M. S., firmato dal gip del Tribunale per i minori di Napoli Paola Brunese, al termine delle indagini condotte dal pm Emilia Galante Sorrentino.
E proprio la dottoressa Galante Sorrentino ha parlato dell’emergenza giovanile in una intervista all’Ansa.
A Napoli, e non solo, è una vera e propria emergenza, criminale e sociale, per arginare la quale “occorre un potenziamento di telecamere”, ma soprattutto “una tempestiva segnalazione dell’abbandono dell’obbligo scolastico”, poiché “nella maggior parte dei casi chi compie reati del genere proviene da famiglie poco attente all’istruzione”. Queste le parole del pm napoletano.
Certamente, la città dovrebbe essere più sorvegliata da telecamere “perché i riscontri che possiamo avere – spiega il magistrato – sono spesso dati dai ‘cattura targhe’ degli scooter utilizzati dai ragazzini”. Ma il fenomeno dei giovani e giovanissimi armati va affrontato soprattutto nel contesto familiare. “Riscontriamo una provenienza da ambienti socio-familiari molto contigui alla criminalità, scarsa educazione alla legalità. E tutto ciò va letto parallelamente ai dati allarmanti dell’abbandono scolastico”, spiega Sorrentino.
“Le famiglie non controllano il numero delle assenze. E la scuola, da parte sua, poco incoraggia la ripresa della frequenza. Abbiamo segnalazioni molto tardive, laddove invece dovrebbero essere fatte già al quinto giorno di assenza. Su questo punto stiamo lavorando e lo abbiamo più volte posto all’attenzione dell’Ufficio scolastico regionale”. Altro dato importante riguarda la carenza dei servizi sociali, per i quali “sarebbe necessario un investimento a livello politico perché aiuterebbero a far lavoro di prevenzione sul territorio e sulle famiglie”.
La dottoressa Emilia Galante Sorrentino si dice contraria all’abbassamento dell’età imputabile dai 14 ai 12 anni e parla, piuttosto, di un problema di legislazione minorile. “Noi possiamo arrestare solo in caso di reati che hanno una pena prevista di nove anni. Anche per quanto riguarda il ferimento con un coltello, non ho quel limite di pena tale da consentirmi di arrestare. Allora trasformiamo il possesso di un coltello in una fattispecie più grave: è così che io ottengo un risultato, non abbassando l’età imputabile”.
E se il minore è coinvolto con i familiari nel confezionamento di stupefacenti o in reati di sangue, il magistrato non ha dubbi: “La salvezza è l’allontanamento dalle famiglie. Quando il bambino partecipa al confezionamento di bustine, che ragazzo verrà fuori? Un potenziale delinquente. L’alternativa è collocarlo in comunità, anche fuori regione, in modo che possa conoscere una realtà a lui sconosciuta”.
Massima attenzione, poi, agli smartphone, e dunque alle chat e ai social che, sebbene siano una finestra sul mondo, nascondono insidie. “Sette coppie sui dieci si scambiano immagini a contenuto sessualmente esplicito sul web e non sanno che una volta immesse in rete, si trovano di fronte a un viaggio di sola andata”. Insomma, la prevenzione a scuola e in famiglia resta l’arma da utilizzare. Prima che sia troppo tardi.