Per la morte di Sara Aiello, 32enne di Pimonte deceduta nel letto coniugale nel giugno 2015, andrà a processo il marito, Massimo Marano. L’uomo, nonostante la Procura della Repubblica di Torre Annunziata avesse chiesto il proscioglimento, dovrà rispondere dell’accusa di omicidio colposo in quanto rinviato a giudizio dal gip oplontino.
Pimonte: morte di Sara Aiello, a processo per omicidio colposo il marito
Una vicenda tragica e paradossale. La Procura ha più volte ribadito di non poter sostenere l’accusa perché non ci sono elementi sufficienti per sostenere l’omicidio colposo, nonostante la riesumazione del corpo della donna e la conseguente autopsia. Il giudice ha comunque deciso di procedere con il processo. Tanto più che il reato cadrà in prescrizione alla fine del 2022.
Sara Aiello, giovane mamma di Pimonte, è deceduta sette anni e mezzo fa a Pompei, dove viveva con il marito ed i figli. La donna soffriva di disturbi che le provocavano continui svenimenti. Interpellati vari specialisti, nessuno ha mai compreso quale fosse la patologia, se di questo si trattava, di cui soffriva Sara. Marano, la notte tra il 2 ed il 3 giugno 2015, stava riprendendo con il proprio smartphone uno di questi “attacchi”.
Il video degli ultimi istanti di vita della donna
Purtroppo, però, sarebbe stato l’ultimo: il marito stava filmando gli ultimi istanti di vita della moglie. Successivamente è stato chiarito che il video era stato fatto su consiglio di uno dei medici che avevano in cura la donna. I familiari di Sara hanno però presentato denuncia contro l’uomo per chiarire tutti gli aspetti della vicenda. A metà novembre, quindi, Marano sarà a processo.
“Rinuncerò alla prescrizione”
Il marito di Sara Aiello ha rilasciato alcune dichiarazioni al quotidiano “Il Mattino”: “Rinuncerò alla prescrizione e con i miei legali andremo avanti fino in fondo, affrontando il processo a testa alta, perché ci sono due bambine che stanno subendo una situazione paradossale”. Nell’ambito della medesima vicenda uno dei fratelli di Sara è indagato per alcuni manifesti di insulti contro i magistrati di Torre Annunziata che si sono occupati del caso.