Da sempre Secondigliano è legata a doppio filo al mondo dello sport attraverso vere e proprie eccellenze che, nel passato come oggi, hanno portato in alto il nome del quartiere.
In questa gloriosa scia si inserisce il nome di Giuseppe Romano, 55 anni, sposato, padre di tre figli, allenatore di karate , uno dei pochi al mondo ad aver allenato nazionali di quattro continenti. «Sono stato avviato al karate – racconta – perché mio padre, Antonio (deceduto il 3 luglio scorso), mi voleva tenere lontano da quei problemi insiti nel tessuto sociale del quartiere, la droga e la microcriminalità».
I primi passi nel karate Giuseppe li muove in una piccola palestra, al confine con Secondigliano, dove diventa cintura nera. A 13 anni, sul territorio di Napoli, il proseguimento del percorso con un palmares di tutto riguardo. Da atleta, Romano vince tre campionati italiani, un argento agli europei giovanili di Novisad, un bronzo alla Coppa Europa al Pallido di Milano e una Coppa del Mondo nel 1991. Premiato con la medaglia d’oro al valore atletico conferito nel 2001 dal Cio presieduto da Samaranch.
L’esperienza più entusiasmante, unica nel suo campo, quella di coach con licenza mondiale Wkf – Comitato Internazionale. Romano allena nazionali di quattro continenti: Asia (Filippine, India Uzbekistan e Cambogia), Europa (Kosovo, Moldavia), Africa (Libya, Zimbabwe e Botswana), America (Bolivia).
«Grazie a quest’avventura – sottolinea Romano – ho potuto confrontarmi con culture e religioni diverse, ascoltare le preghiere musulmane e buddiste. Ho imparato come si vive in paesi dove, solo per un palmo di riso si è allegri e spensierati rispetto a paesi emancipati e ricchi come il nostro, dove la gente ha tutto e si è perso il gusto di sorridere».
Proprio quest’anno il maestro Giuseppe compie vent’anni di esperienza internazionale: la partecipazione a 4 edizioni dei Sea Games 2003-2005-2007 e 2019, conquistando 34 medaglie e due Asian Games 2002 e 2006 con 4 medaglie, 1 campionato Asiatico cadetti, juniores e under 21 e seniores nel 2019 Malesia e Uzbekistan con 1 medaglia di bronzo storica per la nazionale Cambogiana, 4 mondiali wkf 2006, 2010, 2016 e 2017 e 2 qualificazioni olimpiche Sofia 2018 e Croazia 2018 con Mohamed Ali Hussain della Botswana. Con 500 medaglie conquistate in Europa e nel Mondo.
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Di seguito una intervista fatta ad un giornale filippino da Grechen Malalad atleta filippina vincitrice di 3 edizioni dei Sea Games:
Allenamento con Pepe
Eravamo in Italia per allenamenti e gare. Era la nostra preparazione per i SEA Games 2005 ospitati dalle Filippine. Abbiamo ricevuto un po’ di finanziamento dalla Philippine Sports Commission e da uno sponsor aziendale che ha reso possibile il viaggio.
Ma prima ancora di partire, la nostra associazione sportiva ci ha detto di stringere la cintura nera e vivere con parsimonia perché i finanziamenti non basteranno per durare per tutta la durata dell’allenamento. Non ci importava ancora. Eravamo atleti nazionali che equivalgono ad essere abituati a non avere soldi. Questo spiega perché vivevamo nella parte più economica della città. Semplicemente non mi aspettavo che avremmo vissuto in una zona in cui la prostituzione era così dilagante.
Ci siamo allenati sotto la guida del campione del mondo italiano di karate Giuseppe Romano, che abbiamo chiamato affettuosamente “Maestro Pepe”. Abbiamo incontrato Pepe nel 2004 quando abbiamo partecipato a un concorso da lui organizzato a Torino, in Italia.
Pepe ha visto del potenziale nella squadra filippina e si è offerto di allenarci. C’è stato un ritardo nel rilascio del nostro finanziamento e Pepe ha speso i suoi soldi per prendersi cura di noi per i primi 3 mesi. Scelse Castel Volturno perché l’affitto era basso; 100 euro al mese. Ha anche un amico che possedeva una palestra e abbiamo usato le strutture gratuitamente.
Ci siamo allenati 8 ore al giorno, proprio come timbrare per andare al lavoro. Quattro ore al mattino e 4 ore al pomeriggio. Ci ha spinto ai nostri limiti fisici. Abbiamo preso a pugni, calciato, sparred, riposato, svegliato e fatto tutto da capo il giorno successivo.
Avevo circa 20 anni, quindi niente sembrava fisicamente impossibile. Ho sanguinato, sono stato abbattuto, preso a pugni e calci nel corpo e nella testa, ho ricevuto la mia giusta dose di brillanti ma ho comunque continuato a combattere. Così ha fatto tutta la squadra. Siamo diventati più veloci, più forti e abbiamo imparato nuove tecniche di combattimento.
Pepe voleva che diventassimo campioni. Eravamo gli sfavoriti nei tornei in cui abbiamo gareggiato, ma Pepe ci ha insegnato a combattere non solo con i pugni e le gambe, ma anche con il cuore. Era il nostro Miyagi italiano.