Maxi rissa in carcere, assolto il nipote del ras dei Gionta di Torre Annunziata, Nicola Balzano “Alfasud”. Finiscono a processo altri 9 detenuti, A salire sul banco degli imputati era stato anche Antonio Longobardi, detto Antò: il 30enne macellaio di Torre Annunziata, nipote del ras dei Gionta Nicola detto Alfasud. Longobardi, che sta scontando in cella una condanna di secondo grado perché ritenuto dai pm tra gli affiliati ai 7 rampolli del cosiddetto terzo sistema di camorra, era stato rinviato a giudizio su richiesta del pm della Procura di Avellino Cecilia Annecchini.
Torre Annunziata, maxi rissa in carcere: assolto il nipote del ras dei Gionta
Strana sorte quella di Antò Longobardi: imputato nonostante fosse lui il bersaglio del feroce raid poi degenerato nella feroce rissa scoppiata in carcere. La presunta spedizione punitiva contro Longobardi era scattata il 6 ottobre 2018: si svolse nella sezione alta sicurezza della casa circondariale Antimo Graziano di Bellizzi Irpino. E tutto per punirlo, forse, di una scelta mai perdonata negli ambienti criminali.
Antò Longobardi infatti, 6 mesi dopo l’arresto scattato nel 2016 per associazione mafiosa, chiese al pm della Dda di Napoli, Claudio Siragusa, un colloquio riservato presso il carcere di Secondigliano.
Al centro del raid presunte rivelazioni sul “terzo sistema”?
Una scelta che, dagli ambienti della “mala”, probabilmente non solo di Torre Annunziata (tra i protagonisti del raid figura solo un altro torrese, Salvatore B., gli altri protagonisti sono invece originari Napoli o Avellino), fu interpretata come la volontà di Longobardi di pentirsi e collaborare con la giustizia.
Svelando agli inquirenti possibili dettagli sulla nascita e sulle modalità organizzative del terzo sistema di camorra, il nuovo gruppo criminale di Torre Annunziata con a capo Domenico Ciro Perna, formato dagli ex rampolli delle cosche storiche dei Gionta e dei Gallo-Cavalieri. Tutti già condannati, in secondo grado, a pene per complessivi 57 anni di carcere.
La lettera all’Antimafia: “Non sono pentito”
La presunta collaborazione di Longobardi con la giustizia durò tuttavia meno di un mese. Il 2 febbraio 2017, l’ex macellaio torrese scrisse infatti una lettera allo stesso pm della Dda Claudio Siragusa: “Ho cambiato idea, non sono pentito. E’ stato un momento di debolezza”. Poche righe, forse dettate dalla lontananza da moglie e figli, la prospettiva poi di una condanna da scontare in cella.
Una lettera che tuttavia non gli avrebbe evitato il presunto raid punitivo del 6 ottobre 2018. Per il quale, fino a ieri, anche Longobardi era finito sotto processo. A seguito del raid, il nipote del ras rischiò persino la vita. Perché colpito – secondo la tesi dell’accusa – ripetutamente alle spalle, intorno alle ore 11, da un manipolo di altri 9 detenuti, che avrebbero agito anche con uno sgabello. Terribili furono soprattutto i colpi inferti al cranio.
L’intervento delle guardie penitenziarie
Antonio Longobardi, quel giorno, provò a difendersi dal raid, ma ebbe la peggio. A salvare il nipote del ras fu solo l’intervento delle guardie penitenziarie del carcere di Bellizzi, che infine lo raccolsero in una pozza di sangue. Antonio Longobardi venne dopo trasportato d’urgenza, in gravi condizioni, all’ospedale Moscati di Avellino, dove i medici gli suturarono le ferite alla testa riportate nel corso della colluttazione.
Le indagini sul raid scattarono immediatamente, avvalendosi delle immagini registrate dal sistema di videosorveglianza interna alla casa circondariale. Video che avrebbero incastrato i nove protagonisti della brutale aggressione. Il pm della Procura della Repubblica di Avellino ha adesso chiesto e ottenuto il processo per tutti, tranne che per Longobardi, già assolto con formula piena. Alla sbarra, accusati di rissa, oltre al torrese Salvatore B., sono invece finiti ancora G.S.(Napoli); A C. (Aversa); S. M. (Napoli); G. C (Napoli); V. M (Napoli); D.C. (Napoli); C.M. (Napoli); A. D.A. (Avellino): i 9 imputati che hanno scelto di difendersi a processo con rito ordinario.
Salvatore Piro