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L’irrefrenabile corsa al tempo, malattia della società?

Esploso in questi giorni l’ormai notissimo caso della studentessa veronese Carlotta Rossignoli: laureata in medicina all’Università Vita-salute san Raffaele di Milano, in un corso di studi completamente in inglese, giovanissima (soli 23 anni) bella e famosa sui social. Parecchie discussioni proprio per il poco tempo impiegato dalla ragazza e la difficoltà del corso di studi: soli quattro anni per una laurea che istituzionalmente ne richiederebbe sei.

Amante dei viaggi, della moda, della cura della persona, inviata televisiva per un programma di calcio e nominata Alfiere della Repubblica da Sergio Mattarella solo pochi anni fa. Dal suo profilo instagram, ad oggi chiuso per le troppe polemiche sollevate, era possibile “assistere” a quella che agli occhi di tutti è la vita perfetta.

Ci sarebbe da chiedersi dove sia il problema che, infatti, a prima sguardo pare inesistente.

E allora bisognerebbe spostare il riflettore sulle decine di ragazzi che solo negli ultimi anni hanno compiuto gesti estremi a cui sono stati portati dalla frustrazione e dalla depressione scatenate dalla mancanza di “perfezione” o dal “non sentirsi abbastanza” per ciò che la società ci chiede.

Ecco che ad alimentare la parte malata di un’istituzione che non aiuta i ragazzi in nessun modo, si aggiunge l’informazione o in questo caso la disinformazione.

E’ possibile elogiare chi suggerisce di aver trovato il segreto per eccellere nella vita nel non dormire “perchè tanto sono ore sprecate”?

Sarebbe cosa giusta non inneggiare a modelli di vita impossibili da raggiungere che non fanno altro che aumentare quel senso di inadeguatezza di chi ha evidenti difficoltà, e parliamo della stragrande maggioranza, e raccontare il “fatto” per ciò che è davvero: uno su un milione.

Come il caro Totò diceva nella sua poesia A’ livella, “muorto si’tu e muorto so’ pur’io”: hanno davvero un peso così diverso uno studente che primeggia ed un altro che per quel senso di frustrazione si toglie la vita? Non sono, dopotutto, studenti in egual misura?

Simona De Angelis

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