Il Savoia si appresta a tornare nella “nobiltà” del calcio grazie al “Dream Team” del Principe

Questo Dream Team ha dichiarato, senza mezzi termini, di volere rilevare il Savoia e rilanciarne in maniera significativa le ambizioni progettando di raggiungere la Serie B nell’arco di cinque stagioni. Il brutto anatroccolo si appresta a diventare sontuoso cigno

Il Savoia, come novella Cenerentola, passa dalle pentole e dagli stracci della matrigna e delle sorellastre  al castello del Principe.

La metafora della fiaba popolare ben si adatta alla situazione vissuta dalla squadra di Torre Annunziata e dalla sua appassionata tifoseria che è passata in pochi giorni da una situazione disperata, o quanto meno di profonda crisi, allo scenario incantato di investitori dal portafoglio gonfio capitanati nientemeno che dal Principe Emanuele Filiberto di Savoia, nipote dell’ultimo Re d’Italia Umberto II.

Come è noto Mario Pellerone, il presidente che aveva rilevato la squadra all’inizio della passata stagione, in seguito alla mancata vittoria dei play-off di Eccellenza e all’indisponibilità del Giraud per un’altra stagione aveva dato chiari segnali di insofferenza. L’obiettivo dichiarato per la stagione 2022-23 non era certo tra i più prestigiosi: si era parlato di salvezza tranquilla condita da qualche soddisfazione, ma niente di più.

Si era così allestita una squadra al risparmio fatta da giovani volenterosi rafforzati da una truppa di forze esperte che, secondo i programmi, avrebbero dovuto fare da nocchieri agli implumi giovanotti arruolati dal DG Carmine Palumbo. Purtroppo tra il dire e il fare ci sono di mezzo le altre squadre e situazioni esogene.

La squadra, che si era rivelata meno solida delle aspettative, arrancava in campionato nelle posizioni a ridosso dei play-out e la Società dava sempre più chiari segni di distacco sino al punto di dichiarare tout court che non avrebbe tenuto fede agli impegni economici oltre la data del 01 novembre. Non aiutava a tranquillizzare le acque una vicenda giudiziaria che vedeva la proprietà della Società oggetto di contesa tra Pellerone ed un ex socio di nome Franceschini.

La tifoseria soffriva virilmente offrendo al gruppo squadra il massimo sostegno sia in termini psicologici che pratici cercando di tamponare con grande abnegazione le falle economiche ed organizzative che via via si aprivano durante l’agitata navigazione.

Ma si sa che il calcio è un mistero agonistico ed emotivo ed è governato da forze irrazionali che, come gli dei, danno e prendono a proprio piacimento. E’ accaduto così che Minerva ha raccolto la lancia alla squadra oplontina, così come aveva fatto con Achille nel duello contro Ettore, e si è palesato l’intervento di una cordata di personaggi importantissimi guidati, noblesse oblige, dal Principe Emanuele Filiberto di Savoia erede di quella che fu la casa regnante in Italia.

Al seguito del nobile rampollo di Casa Savoia, uno stuolo di imprenditori ed uomini d’affari del calibro di Nazario Matachione, già presidente dei bianchi, Marco Limoncelli, Marcello Pica e Giovanni Acamfora. Consulenti di lusso per gli aspetti tecnici e giuridici un team di eccellenti professionisti come il commercialista Giuseppe Crescitelli, l’ingegnere Roberto Passariello e gli avvocati Carmine Romano ed Elio D’Aquino.

Questo Dream Team ha dichiarato, senza mezzi termini, di volere rilevare il Savoia e rilanciarne in maniera significativa le ambizioni progettando di raggiungere la Serie B nell’arco di cinque stagioni. Il progetto non sarebbe stato limitato al campo agonistico ma avrebbe avuto anche una forte valenza sociale con interventi per favorire l’approccio allo sport dei giovani meno abbienti contando, in tal modo, di sottrarre manovalanza alla criminalità organizzata.

Dopo un breve periodo di intensa fibrillazione nella tifoseria, evidentemente incredula davanti a tanta abbondanza, si è realizzato il passaggio di consegne tra un triumvirato di tifosi designati dalla precedente proprietà ed il nuovo management. L’acquisizione del Savoia Calcio da parte di Emanuele Filiberto attraverso la “Casa Reale Holding Spa” ha trovato vasta eco sui media nazionali ed internazionali che hanno rilanciato più volte la notizia con particolare enfasi.

Chiarezza di intenti, trasparenza nella comunicazione, ottime disponibilità di uomini e di mezzi, contatti istituzionali ad altissimi livelli, grande determinazione, evidenti capacità manageriali sono le caratteristiche della nuova proprietà che intende introdurre un new deal fatto di innovazione e tradizione, di successi sportivi e sociali.

I tifosi savoiardi, nei cupi periodi delle vacche magre, hanno sempre sostenuto di essere la storia del calcio, quella con la S maiuscola, di avere un grande blasone ed, in maniera certamente guascona e non del tutto adeguata alla realtà, hanno sostenuto che la propria squadra non fosse come tutte le altre ma che fosse qualcosa di più di un football team.

Io credo che il Savoia non sia una squadra, ma un fenomeno sociale. La nobiltà gli viene dagli anni (sono 114 proprio in questi giorni) e dall’amore che si trasmette di generazione in generazione da più di un secolo, da quando, mentre da altre parti si giocava a nascondino, a Torre Annunziata si giocava a calcio ad alto livello contendendo il titolo di Campione d’Italia al Genoa di De Vecchi Figlio di Dio, vincitore di 2 titoli consecutivi tra il 1922 ed  il 1924.

Ed è un segno del destino che proprio la nobiltà ed il blasone, sempre decantati dai tifosi biancoscudati, si siano concretizzati nell’intervento di un altro nobile come Emanuele Filiberto e della sua compagnia nel risollevare le sorti di questo club piccolo solo per dimensione ma non certo per storia, tradizione ed amore dei tifosi. Che differenza rispetto ad appena pochi giorni prima, quando un derelitto Savoia affondava sotto i colpi impietosi della malasorte. Il brutto anatroccolo si appresta a diventare sontuoso cigno ed ora è finito il tempo della miseria ed è tornato quello della nobiltà.

Salvatore Curcio

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