Castellammare, il gestore di un lido abusivo tra le vittime del clan

Tra le vittime delle estorsioni di Antonio Maragas c’era anche il titolare di un lido di Castellammare di Stabia abusivo. E’ quanto emerge dall’inchiesta che, martedì mattina, ha portato all’emissione di 6 misure cautelari (3 in carcere e 3 con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) nei confronti di una costola del clan Cesarano. Il ruolo principale era rivestito da Maragas, già detenuto nel carcere di Vibo Valentia, il quale (secondo quanto emerso dall’inchiesta) commissionava le estorsioni dal carcere, grazie ad un telefonino cellulare portatogli presumibilmente durante i colloqui.

A riscuotere materialmente la tangente erano, secondo quanto emerge dall’inchiesta, il figlio Luca e la compagna Anna Scelzo, a loro volta arrestati. A pagare erano persino i gestori dei lidi abusivi, a cui Maragas avrebbe dato protezione quando nell’affare spiagge volevano entrare altri. Poi un commercialista del suo quartiere lungo via Alcide de Gasperi e il proprietario di una falegnameria.

Castellammare, il gestore di un lido abusivo tra le vittime del clan Cesarano: il retroscena dell’inchiesta

I messaggi partivano da un cellulare che a Maragas avevano procurato altri detenuti, mentre la scheda in carcere era riuscita a farla entrare la compagna. Intanto è polemica sull’introduzione del telefono cellulare in carcere. “Le estorsioni commissionate dal carcere dal boss del clan Cesarano, comodamente con il telefonino in cella, ai camorristi di Castellammare di Stabia, purtroppo non certo un caso isolato, hanno l’effetto immediato di scoraggiare la denuncia dei commercianti, piccoli imprenditori, cittadini vittime di estorsioni, seminando ulteriore paura ed affermando il comando del territorio. Altro che ‘una telefonata allunga la vita’.

Le telefonate dal carcere

I boss con le telefonate dal carcere, come si registra già in decine di episodi, danno ordini di operazioni criminali sui territori e persino di uccidere”. Così il segretario generale del sindacato polizia penitenziaria, Aldo Di Giacomo per il quale ”come confermano magistrati delle Dda non solo in Campania ma anche in Sicilia e Calabria negli ultimi tempi si registra un calo consistente di denunce e di collaborazioni con le forze dell’ordine contro i clan”.

Lo Stato incapace di bloccare il traffico di telefonini nei penitenziari sta dimostrando tutta la sua incapacità di controllo vanificando il grande lavoro dei magistrati antimafia e degli inquirenti. E non si sottovaluti come denunciano in questi giorni i magistrati delle Dda regionali che le mafie approfittando di questa fase di crisi internazionale stanno concentrando i propri interessi sulle attività economiche e produttive per acquisire alberghi, ristoranti, imprese, intensificare l’usura”.

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