Quattro anni e otto mesi di reclusione per estorsione: è la condanna inflitta dai giudici della Corte d’Appello di Napoli nei confronti di Nino Spagnuolo (46 anni) e Francesco Delle Donne (41), entrambi affiliati al clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia. Secondo i magistrati partenopei, i due stabiesi sarebbero responsabili di aver effettuato il classico “cavallo di ritorno” al proprietario di un Suv, anch’egli stabiese, che si sarebbe rivolto ai due pregiudicati dopo il furto subito del veicolo.

Castellammare: estorsione per un Suv, condannati Nino Spagnuolo e Francesco Delle Donne

Secondo i magistrati, Spagnuolo e Delle Donne non si sarebbero tirati indietro, con l’obiettivo di lucrare sull’eventuale ritrovamento del Suv. E in effetti una volta individuato il veicolo, i due pregiudicati avrebbero imposto alla vittima di pagare il cavallo di ritorno, con un prezzo maggiorato per far entrare soldi in contanti nelle loro tasche.

La vicenda è stata ricostruita dalle forze dell’ordine, grazie ad intercettazioni ambientali utilizzate nell’ambito del processo Domino, che vede Spagnuolo e Delle Donne alla sbarra insieme al gotha di quattro clan attivi nei comuni dell’area stabiese: i D’Alessandro, i Cesarano, gli Afeltra e i Di Martino. E proprio il processo sui “cavalli di ritorno” è uno stralcio di Domino, dal momento che i due stabiesi condannati sono anche accusati di aver fornito droga al clan D’Alessandro nel periodo compreso tra il 2017 e il 2019.

4mila euro per riottenere un’autovettura di grossa cilindrata

L’episodio estorsivo invece sarebbe stato commesso nel gennaio 2018, ai danni del titolare di una ditta di autonoleggio di Castellammare di Stabia. Nello specifico, Spagnuolo e Delle Donne avevano messo in atto un “cavallo di ritorno” nei confronti della vittima, costringendola a versare la somma di 4mila euro per riottenere un’autovettura di grossa cilindrata, di proprietà della società di autonoleggio, rubata alcuni giorni prima da soggetti rimasti ignoti. Spagnuolo e Delle Donne sono già reclusi per altri reati, rispettivamente presso le case circondariali di Salerno Fuorni e Napoli Secondigliano.

I due sono imputati anche nel processo Domino, con l’Antimafia partenopea chiamata a scoprire i segreti della cosca scanzanese, con particolare riferimento ai business dello spaccio di stupefacenti e delle estorsioni. Un clan che tuttavia, secondo le ultime risultanze investigative, starebbe cambiando pelle, inserendosi nel tessuto imprenditoriale e infiltrandosi nei palazzi che contano, puntando anche ad accaparrarsi gli appalti pubblici.

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