L’arte ha la capacità di raccontare, attraverso prospettive diverse, l’esodo interiore ed esteriore degli essere umani, la fuga di milioni di persone, uomini, donne, bambini, anziani in cerca di futuro e di pace. Tra le immagini realizzate esposte tra le mura storiche della Galleria Camera Chiara di Armando Cerzosimo, legate dal titolo “Le cose che pensano”, volti di donne in lutto e al contempo speranzose, su cui sono presenti i dubbi e le domande di tutti, precarietà, speranza, fame, passato e futuro, attesa. La fotografia è messaggio e da queste nove immagini intuiamo che quelle donne sono partite portando via immagini sacre, le foto dei cari i simboli della loro terra, le asciugamano ricamate del corredo, il grano, la Bibbia, le icone, talismani e lari della propria casa.
La maggior parte delle persone che è stata costretta ad abbandonare le proprie case lo ha fatto nella convinzione di poter far presto ritorno in Ucraina, con la consapevolezza del rischio di ritrovare ben poco del passato lasciato. Continua, quindi con gli ultimi tre appuntamenti, la settimana di eventi dedicati al triste anniversario dell’invasione russa. Lunedì 13 febbraio, alle ore 19, si discuterà sul tema dell’accoglienza, del sostegno al popolo in guerra, con Antonia Autuori Presidente della Fondazione Comunità Salernitana e Tommaso D’Angelo direttore del quotidiano Le Cronache e Rita Martinova. Il dialogo tirerà le somme ad un anno dall’arrivo dei primi rifugiati accolti dalla nostra città, attraverso persone che giorno dopo giorno hanno agito e raccontato questa tragedia, che segue il covid e ha preceduto l’apocalisse turca. Donne e bambini rappresentano fino al 90% dei rifugiati ucraini, ci sono sfide specifiche nella loro accoglienza, che non possono essere sottovalutate: la scolarizzazione dei bambini, la barriera linguistica e il lavoro di chi se ne prende cura. Senza dimenticare il necessario supporto emotivo e psicologico, soprattutto per i più piccoli traumatizzati e disorientati dalla guerra. Una larga percentuale di rifugiati ha raggiunto familiari o conoscenti, chiedendo ospitalità senza attendere l’aiuto dello Stato. Oltre quindicimila le persone che, non conoscendo nessuno sul territorio italiano, sono entrate nel circuito dell’accoglienza diffusa a cura di associazioni ed enti no profit.
In Italia, l’onere dell’accoglienza degli ucraini è stato insomma in larga parte scaricato sui privati, con lo Stato che ha approfittato di un profilo migratorio più gestibile nel breve e medio termine di altri, rinunciando a un’accoglienza diffusa e programmata, anche in un’ottica di integrazione a lungo termine. Nessun Paese e tantomeno l’Italia era preparato per gestire i numeri degli ucraini in così poco tempo, e se l’impatto è stato gestito senza shock è perché ognuno si è arrangiato come poteva e privatamente. La guerra in Ucraina ha costretto più di 11,5 milioni di persone (dati UNHCR) ad abbandonare il paese in cerca di sicurezza anche se, dall’inizio della guerra, già 4,9 milioni di persone sono rientrate nel paese e la comunità ucraina, qui a Salerno, ha ricevuto aiuto sia per quanto riguarda beni materiali, abiti, cibo, giocattoli, sia da parte delle scuole che hanno favorito l’accoglienza di questi giovani studenti esuli, anche con supporto linguistico e psicologico.
Ultimo incontro, prima del finissage fissato per il 15 febbraio, martedì 14, alle ore 19, con le testimonianze di donne ucraine, che hanno i loro mariti, i loro cari in guerra, in trincea, sul tema “L’amore ai tempi della guerra”.