Pane, olio e pesce azzurro: la grandezza della Dieta mediterranea

“Siamo quello che mangiamo” sentenziò Ludwig Fuerbach, filosofo e “padre del materialismo tedesco. Ora, al di la di quanto abbia potuto influenzare i veri segmenti della vita umana, la frase ha trovato, e trova ancora, riscontro ai nostri giorni. Vale a dire che la macchina corpo se non dispone di carburante a sufficienza, oltre che giusto e opportuno, per il suo motore, si ferma. Oppure si scassa. “La cultura e l’enogastronomia sono i pilastri della qualità della vita” ha difatti dichiarato il capo del Dicastero dei Beni Culturali del Bel Paese, Gennaro Sangiuliano, aprendo ieri a Roma, la prima Giornata Nazionale “dell’Alimentazione, Nutrizione e Cuore”.

Casa dei Vettii PompeiPane, olio e pesce azzurro: la grandezza della Dieta mediterranea

Una due giorni nata con l’obiettivo di approfondire il legame tra una alimentazione sana e bilanciata e la prevenzione delle malattie cardiovascolari, ancora oggi prima causa di morte nel nostro Paese. Ora, quando si tocca un argomento del genere, a giusta ragione, non si può fare a meno di citare la “Dieta Mediterranea”. E così ha fatto pure Sangiuliano che ha ricordato come la sua grande importanza trovi riscontro nel fatto che a Pompei sono “stati ritrovati contenitori di cibo risalenti a circa 2000 anni fa”. Certo. Pompei è uno straordinario pozzo di San patrizio nel quale chi cerca trova. Trova di tutto e di più.

Dai residui di olio nella bottiglia, ai resti di garum nelle anfore, dai residui di frutta, alle lische di pesci, alle ossa di maialino, ai gusci delle uova, ai fichi, alle pagnotte di pane mineralizzato. Queste ultima ancora conservate nel forno dal quale avrebbero preso la via delle botteghe cittadine o delle sportule delle massaie, se quella del 25 agosto (e non è un errore del vostro cronista, la data) del 79 dopo Cristo non fosse stata l’ultima notte per quella povera gente. Così come si sono rinvenuti anche resti di ricci, giraffe e fenicotteri.

Uno straordinario pozzo di San patrizio nel quale chi cerca trova

Una alimentazione, insomma, che seguiva, allora come oggi, quelle che erano le possibilità economiche della gente. Se guardiamo, difatti, alla “Cena di Trimalcione”, il liberto arricchito del Satyricon (un’opera letteraria dell’epoca), sulle tavole degli ospiti del riccone tutto troviamo fuorché “povertà” di cibo. L’opulenza e la varietà e gli intingoli usati sono di quanto peggio si possa proporre per una dieta equilibrata e per una salvaguardia del cuore. Ma tant’è. Saranno schiattati, quei commensali, con il colesterolo a mille e i trigliceridi a miliardate. Questo per dimostrare che anche allora c’era il peggio.

E il cibo spazzatura fatto dal maiale imbottito “con salsicciotti e sanguinacci” del “cinghiale con datteri … delle uova di pavone contenenti beccafichi” di Trimalcione, allora come oggi, non aveva confini e che la “dieta mediterranea” di allora era dettata più dalla tasca che dalla salute. Un modello di vita che nel sud del Bel Paese ha avuto la maniera di cambiare in maniera soft, mettendo in tavola pesce, legumi, verdura, pane integrale, olio extravergine di oliva, vuoi per una fatto di “tasca” vuoi per necessità di salute e di … cuore. Come dettò sin dal IX secolo detto la Scuola Medica Salernitana, ovvero la prima e più importante istituzione medica europea di epoca medioevale.

Che finalmente mise un punto fermo sulla maniera giusta di alimentarsi al fine di vivere “bene”. «Perché il sonno ti sia lieve / la tua cena sarà breve. Se gli umor serbar vuoi sani/lava spesso le tue mani./ Se non hai medici appresso / farai medici a te stesso / questi tre: anima lieta / dolce requie e sobria dieta» … serviranno per la vita, aggiunge il vostro cronista. E, come diceva il grande Peppino de Filippo, … ho detto tutto.

Carlo Avvisati

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