Nella giornata di oggi, 26 febbraio, alle prime luci di un’alba livida si è consumata l’ennesima tragedia del mare: un barcone sovraccaricato di esseri umani, stipati invece come sacchi di rifiuti, con a bordo tanti bambini e donne, si è spezzato in due, sgretolandosi quasi, in balia di una mareggiata furiosa in prossimità di Steccato di Cutro.

A lanciare l’allarme alla Polizia è stato un pescatore che transitava nella zona ed ha notato l’imbarcazione già distrutta e i primi corpi galleggiare in acqua. Agli occhi dei soccorritori che man mano arrivavano sul posto si è presentata una scena apocalittica. Man mano hanno iniziato a recuperare i cadaveri spinti dalla marea sulla battigia, prima una ventina, poi sempre di più fino ad arrivare, al momento, a 59 vittime: 21 uomini, 24 donne e 14 di minori, 9 maschi e 5 bambine. I bambini soprattutto sono quelli che hanno straziato il cuore ai soccorritori.

Una lunga sequela di lenzuola bianche che coprono pietosamente i cadaveri e, poco distante, accovacciati tra le basse dune di sabbia e la vegetazione mediterranea, decine di superstiti avvolti nelle coperte termiche offerte dai soccorritori, lo sguardo terreo perso nel vuoto, il pianto disperato. Sulla riva del mare i detriti del barcone sul quale viaggiavano, distrutto dalla furia del mare, insieme alle vite di molti di loro.

Tante vittime e il numero sembra destinato a impennarsi. I migranti percorrevano quella che viene definita “la rotta turca” e provenivano da paesi tragicamente caratterizzati da difficoltà di vita inenarrabili: Iran, Siria, Afghanistan… Hanno trovato la morte, mentre sognavano un futuro migliore.

A bordo del peschereccio carico di migranti naufragato all’alba di oggi c’era un numero presunto di 150-180 persone di origine pakistana, afgana, turca e somala. A riferirlo, in una nota, è la Prefettura di Crotone.

I dispersi sarebbero tra i 20 e i 30. Le operazioni di recupero, che non si sono mai fermate per tutta la giornata e andranno ancora avanti fino a notte, sono state rese difficili anche dalle condizioni proibitive del mare, tre corpi sono stati ritrovati sulla spiaggia di Belcastro, nel catanzarese, a qualche decina di chilometri dal luogo del naufragio.

Sessanta degli 80 migranti tratti in salvo sono stati portati nel Cara di Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, mentre 20, di cui la metà minorenni, sono stati ricoverati nell’ospedale civile di Crotone.

In Prefettura è tuttora attivo il Centro coordinamento soccorsi al quale prendono parte i vertici delle forze dell’ordine, dei Vigili del Fuoco, della Capitaneria di porto, dell’Azienda sanitaria provinciale, del 118, della Protezione Civile regionale, della Croce Rossa Italiana, nonchè il Presidente della Provincia ed i Sindaci di Crotone e di Cutro. I Vigili del Fuoco hanno istituito un posto di comando avanzato per la gestione delle attività di coordinamento.

La procura di Crotone, guidata da Giuseppe Capoccia, ha aperto un fascicolo di indagine per disastro e omicidio colposi, e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Le salme delle vittime del naufragio sono state trasportate da alcuni carri mortuari di ditte di onoranze funebri del Crotonese nel Palamilone, il palazzetto dello sport di Crotone. Il sindaco di Crotone Vincenzo Voce ha proclamato una giornata di lutto cittadino per domani 27 febbraio 2023. “La comunità di Crotone piangerà in questo modo – ha detto – le vittime della tragedia di Steccato di Cutro”

“L’intervento tempestivo e qualificato – si legge nel comunicato della Prefettura – delle numerose unità messe a disposizione da tutte le componenti di Protezione civile, nonché dalle forze dell’ordine, ha consentito di rispondere con efficacia e rapidità nelle operazioni di soccorso”.

Si rimane attoniti e impietriti davanti a un evento del genere. Non bastano le parole per raccontare tante vite spezzate e sogni infranti. Resta solo il desiderio di rivolgere un appello in nome della solidarietà a tutte le comunità internazionali e alle nostre istituzioni perché non si debba più assistere a eventi così orribili e indegni della nostra civiltà.

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