Castellammare, così il clan D'Alessandro compose la propria blacklist degli omicidi

Il clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia volle sapere i nomi di chi si era affiliato agli scissionisti degli Omobono – Scarpa, per stilare poi una blacklist decidendo chi doveva essere ucciso. È l’inquietante scenario, emerso dai verbali resi dal collaboratore di giustizia Pasquale Rapicano ai giudici dell’Antimafia partenopea, per ricostruire gli anni della faida che, ad inizio 2000, insanguinò le strade di Castellammare.

Castellammare, così il clan D’Alessandro compose la propria blacklist degli omicidi

E proprio le rivelazioni di Rapicano (un tempo membro del gruppo di fuoco degli scanzanesi) fanno tremare i vertici dei D’Alessandro, considerato che le sue dichiarazioni hanno permesso agli inquirenti di risolvere già due omicidi: quello di Vincenzo De Maria (alias o’bob) e quello di Raffaele Carolei, il cui corpo non è mai stato ritrovato. Intanto saranno sottoposti domani all’interrogatorio di garanzia Antonio Occidente e Luigi Vitale, arrestati venerdì mattina in quanto ritenuti responsabili dell’omicidio di De Maria, avvenuto in piazza Giovanni XXIII tra la folla durante la processione di San Catello, la sera dell’8 maggio 2005.

Durante il raid di morte rimase ferito ad una spalla Massimo Massa, che si trovava davanti ad un bar proprio con De Maria. A rilevare i retroscena di quell’omicidio è stato proprio Rapicano. Dai verbali in possesso dell’Antimafia, è emerso che o’bob sarebbe stato ucciso per vendicare Antonio Martone. Il cognato dell’ex e defunto boss Michele D’Alessandro fu ucciso mentre si stava recando al lavoro, a poche decine di metri dall’ingresso di Fincantieri. Un omicidio che fece da spartiacque nelle dinamiche criminali cittadine e che scatenò una guerra tra i D’Alessandro e gli Omobono – Scarpa, senza esclusione di colpi.

Il super pentito sta infatti svelando i misteri del clan D’Alessandro

Le rivelazioni di Pasquale Rapicano stanno intanto facendo tremare la camorra stabiese. Il super pentito sta infatti svelando i misteri del clan D’Alessandro. Rapicano, da ragazzo di strada è diventato il killer di punta del clan D’Alessandro, fino all’arresto e alla decisione di collaborare con la giustizia. Infatti lui stesso afferma: “Ho iniziato a 13 anni quando ho cominciato a fare il camorrista. Prima facevo le rapine, poi la scorta al boss e alla fine mi sono occupato di estorsioni, droga e omicidi”, “Quando un capo ti dice di ammazzare non fai domande”.

Le sue rivelazioni stanno facendo luce sui delitti e gli affari illeciti del clan di Scanzano, che da quasi 50 anni sparge sangue e droga nelle strade della città delle acquee. Le sue parole e i suoi racconti, incredibilmente lucidi, pronunciate con la potenza di un terremoto fanno tremare le mura dell’aula del tribunale e i palazzi oscuri dei D’Alessandro.

(Foto di Leo da Pixabay)

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