Il ventisei luglio di ogni anno, Boscotrecase fa festa in suo onore e ricorda la benevola protezione verso i boschesi durante l’eruzione vesuviana del 1906.

… il sei aprile 1906, a Oratorio, quartiere di Boscotrecase, centinaia di fedeli, prostrati dalla paura, per quella “Muntagna” che non la vuole finire di fare la “pazza” e continua a lanciare fuoco e fiamme dalla bocca, e dalle bocche che le si sono aperte lungo i fianchi, vanno nella loro chiesa, dalla loro Santa, Anna, e chiedono al parroco di affidargli la bella statua seicentesca. Le donne della frazione, fedeli e credenti da sempre nella potenza della loro Santa. Intendono portare in processione contro la lava, ‘a Vecchia Putente, la Vecchia Potente, come Sant’Anna (che è la madre della Madonna e quindi in grado di far valere la sua intercessione per la salvezza di quelle genti) è anche conosciuta. Niente da fare. Il parroco non cede. Nulla, invece, potrà fare per fermare, il giorno dopo, la folla inferocita e terrorizzata: a qualunque costo Sant’Anna deve uscire a contrastare la lava e a salvare il paese. Esce.

sant'annaLa statua di legno viene portata in spalla verso il Vallone Izzo, quasi sino al cimitero: là dove il rischio è più forte e le lave si mostrano più pericolose. Ed ecco che «Un canto liturgico giunge sino a noi a un crocicchio di via» scrive Matilde Serao, su Il Giorno dell’8 aprile, quotidiano di cui era direttrice, tratteggiando una delle più belle e significative cronache di quella eruzione: «Silenzio universale nella densissima folla. Una rozza croce di legno appare: e dietro fluttua sulla gente un’antica statua, Sant’Anna, la patrona di Boscotrecase, Sant’Anna, la madre della Madonna, Sant’Anna, la vecchia potente, come usa chiamarla con riverenza il popolo meridionale… Questa Statua deve essere assai antica: un volto scarno dai capelli bianchi, un volto chino e pensoso di donna già vecchia, che si piega verso il viso giovane e fresco di una fanciulletta».
Il popolo di fedeli è inginocchiato, circonda il simulacro, piange, prega, invoca protezione.

E, il miracolo sollecitato, implorato, reclamato quasi, arriva: la lava, prima, rallenta, poi, si ferma. Si blocca senza più forza a una decina di metri dall’effige. «Stamane, alle dieci, la prima lava si è fermata… l’altra lava, a dritta, si è fermata anch’essa, una mezz’ora dopo. Lontano, lontano, in alto, in mezzo alla campagna, cinque o sei case coloniche sono state circondate dalla lava, ma Boscotrecase è salva».

«Scennette pe’ fianco â chiesia» ricordava qualche anno fa Antonietta Cirillo, classe 1899, «Llà ‘a facette ferma’ Sant’Anna, nun ‘a facette trasi’». E Saverio Izzo, che abitava accanto alla strada che porta al Vesuvio, via Cifelli, in una casa ricostruita dal padre su quanto rimaneva della vecchia abitazione distrutta da quella eruzione, ricorda per averlo sentito dire dal nonno che Sant’Anna fu “aiutata” dal marito, San Gioacchino che “per non far entrare” il magma in chiesa «nchiurette a porta ‘nfaccia a lava e s’abbruciaie pure ‘e ddette d’’e mmane».

Sant’Anna, ‘a vecchia putente, ‘a mamma d’’a Maronna, la Santa alla quale si presentano i bambini appena nati perché li protegga nel loro percorso di vita. E che ancora oggi vigila sul suo popolo e sui suoi fedeli. Vesuviani o meno.

Carlo Avvisati

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