Resta in carcere Francesco Pio Valda, il napoletano di 19 anni arrestato con l’accusa di avere sparato alcuni colpi di pistola al culmine di una lite scoppiata per un pestone sulle scarpe ricevuto sul lungomare, nei pressi di uno chalet, la notte tra il 19 ed il 20 marzo scorsi. Il giovane è accusato di omicidio volontario aggravato dal metodo camorristico.

Uno dei colpi raggiunse al petto e uccise il diciottenne Francesco Pio Maimone, che era in compagnia di amici e che con l’alterco non aveva avuto nulla a che fare.

Lo ha deciso il Tribunale del Riesame (decima sezione, collegio E) che ha confermato la misura cautelare del carcere al termine della camera di consiglio iniziata al termine di una udienza celebrata nel Nuovo Palazzo di Giustizia di Napoli. Valda, che era in compagnia di amici, venne identificato e arrestato al termine di rapidissime indagini della Squadra Mobile della Questura di Napoli coordinate dal primo dirigente Alfredo Fabbrocini e dai sostituti procuratori Claudio Onorati e Antonella Fratello (Direzione distrettuale antimafia).

All’esterno del Tribunale di Napoli, nelle stesse ore in cui si è tenuta l’udienza a carico del presunto assassino di Mergellina, c’è stato un presidio civile, composto, di amico del giovane ucciso che con uno striscione hanno voluto ricordarlo e intrinsecamente chiedere giustizia per una morte assurda.

Intanto continuano le indagini, Procura di Napoli, che ha mandato in questi giorni la Polizia a sequestrare cellulari di quanti farebbero parte della cerchia del presunto assassino.

Vogliono capire chi lo ha aiutato. Chi lo ha spalleggiato, dandogli man forte nel corso della rissa, ma anche chi lo ha tirato fuori dalla mischia, portandolo in un appartamento ritenuto sicuro, nell’estrema periferia orientale della città. Vogliono capire quante telefonate ci sono state tra di loro, ma anche con altri possibili suggeritori o amici, nel tentativo di far sparire ogni traccia di quanto successo.

Restano alcuni nodi da sciogliere: non c’è traccia infatti dell’arma usata per fare fuoco, nel corso della rissa; né sono state rinvenute le scarpe, che avrebbero fatto da pretesto per una rissa culminate nell’esplosione del colpo di pistola che ha centrato l’incolpevole 18enne. Quello che è certo è che quella notte si sviluppò uno scontro, pretesto le scarpe griffate sporcate, tra il gruppo del presunto assassino, soggetti legati al clan Aprea di Barra, e gente di rione Traiano.

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