Attività di formazione mai avvenuta ma “rimborsata” dal Piano Nazionale Industria 4.0 e falsi contratti collettivi aziendali: questi i retroscena del maxi-blitz effettuato all’alba di oggi dalla guardia di finanza di Agropoli, coordinata dalla Procura. L’operazione vede coinvolte oltre 274 imprese ed i relativi rappresentanti legali su tutto il territorio nazionale. L’attività ha visto impegnati più di 100 Reparti del Corpo in oltre 42 province al fine di dare esecuzione ad un’ordinanza del gip del Tribunale di Vallo della Lucania con cui è stata disposta l’applicazione di misure cautelari personali nonché il sequestro preventivo
dei profitti illeciti per circa 57 milioni di euro.
Formazione e contratti falsi, maxi-blitz da Agropoli in tutta Italia: “Indagate 279 persone, sequestrati 57 milioni di euro”
Nel corso delle indagini sono state denunciate, a vario titolo, complessivamente 279 persone, ritenute provvisoriamente responsabili dei reati di associazione per delinquere, di emissione di fatture per operazioni inesistenti, di indebita compensazione di crediti di imposta e di autoriciclaggio.
In particolare, le predette imprese, tra il 2020 e il 2021, hanno effettuato un’indebita compensazione di crediti inesistenti, generati artificiosamente attestando falsamente l’avvenuta effettuazione di attività di formazione del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal Piano Nazionale Industria 4.0. A tal fine, è emerso dalle indagini un sofisticato meccanismo fraudolento e articolato.
Come funzionava la “finta” attività di formazione
Dapprima una fitta rete di procacciatori individuava le imprese clienti a cui proponeva di beneficiare del credito di imposta inerente la formazione del personale. A tal fine, la società avente sede in Cicerale predisponeva e forniva alle imprese la documentazione relativa alle ore di formazione (registri didattici delle presenze, l’autocertificazione del rappresentante legale dell’impresa beneficiaria, la relazione del docente sulla valutazione dell’attività del corso di formazione del personale) che i dipendenti avrebbero asseritamente effettuato ma che, in realtà, non sono mai avvenute.
Con l’ausilio di alcuni delegati sindacali, venivano redatti dei falsi contratti collettivi aziendali, utilizzando marche da bollo contraffatte, in modo da attestare artificiosamente i costi sostenuti dalle imprese e a retrodatare le stipule dei contratti stessi. Alcuni professionisti compiacenti successivamente procedevano a rilasciare alle imprese beneficiarie asseverazione del credito d’imposta, che da queste veniva immediatamente compensato, per poi restituire una percentuale sul totale dell’importo a titolo di provvigione. Il giro d’affari realizzato ha fruttato un profitto illecito complessivo pari a circa 57 milioni di euro.