Con quel suo “Non finanziamo la cafoneria” il presidente (attenzione: è il presidente non il governatore della Campania) di questa “benedetta” (?) Regione abitata da napoletani, beneventani, casertani, avellinesi e salernitani, Vincenzo De Luca, avrebbe senza alcun dubbio liquidato, velenosamente, la stagione estiva di Pompei Parco archeologico e del Teatro Mercadante Napoli se non fosse intervenuto Gennaro Sangiuliano, Ministro della Cultura, a scucire i cordoni della borsa mettendo sul tavolo un milione e mezzo di euro, pronta cassa.
Per fortuna. Il mancato finanziamento delle iniziative messe in cantiere da mesi, del valore di due milioni di euro, che la Regione non scucirà per nessuna ragione al mondo, e che oltre al Mercadante e Pompei si sarebbe tirato appresso anche il San Carlo, è finito a vrenna, ovvero in un “nulla di fatto”, come si dice.. I “cafoni” e la “cafoneria” che ha fatto i progetti e li ha presentati prima di chiedere al dominus se “potevano” farli, hanno avuto ragione, grazie a Dio.
Pompei Theatrum Mundi: la politica “cafona”, l’astio, il basso confronto
Ovviamente, i danni che ne sarebbero derivati sarebbero stati commisurati all’Ente che li avrebbe subiti e alla sua importanza nel panorama culturale nazionale e internazionale. Ecco perché Pompei, nel cui Teatro grande degli scavi si tiene la rassegna Theatrum Mundi, e da sei anni, tra giugno e luglio, è diventata pertanto punto di riferimento campana, nazionale e internazionale, sarebbe stata quella maggiormente penalizzata.
Dunque, niente movimento turistico culturale e nessuna possibilità di contare anche su tutto quanto gira attorno a queste grandi manifestazioni, con conseguente ritorno economico al territorio. Le bacchettate che a don Vicienzo sono arrivate pesanti e da ogni parte politica. Persino dal Pd, che da anni tiene al suo interno una frangia che non si riconosce in De Luca e non perde tempo ad attaccarlo quando si accorge di qualche sua bizzarria, sono state dure e puntuali.
“Un danno per il territorio che mette in difficoltà il Parco”
Sandro Ruotolo, che nella segreteria nazionale del Partito Democratico ha la delega alla Cultura ha difatti affermato “È inconcepibile e inaccettabile che un presidente di regione mortifichi e svilisca il proprio ruolo istituzionale, utilizzando quel linguaggio e quelle offese irricevibili”. E il direttore del Parco archeologico pompeiano, Gabriel Zuchtriegel ha rincarato la dose “un danno per il territorio che mette in difficoltà il Parco per aver negato la possibilità di accogliere altri eventi nelle date già impegnate dagli spettacoli di Theatrum Mundi” e “la cui annullata programmazione si trasforma in una mancata opportunità per gli operatori turistici e tutto l’indotto economico del territorio, di vedere favorita la stanzialità del turismo e il pernottamento dei visitatori in città”.
Ma tant’è. Don Vicienzo non è nuovo all’estrinsecazione del proprio pensiero politico circa il modo di interpretare la vita che hanno i napoletani e il loro essere, mo ci vuole, che appare come una parte non secondaria del “Tehatrum” che si sviluppa giorno dopo giorno su questa sputazzella di pianeta, che è la Terra nei confronti dell’Universo. Un fatto che ne viene da contrapposizioni e antichi rancori tra napoletani e salernitani che, diciamocela tutta, “nun se ponno veré troppo assaje”. Anzi, si scoféano proprio, come si dice parlanno terra terra e con modo modesto. San Gennaro contro San Matteo: “faccia gialluta” contro a “chillo ca tene ddoi facce”.
Ma, ci sono anche motivi più seri oltre questi? Per adesso i retroscenisti tacciono
Il “Si Salierno tenesse ‘o puorto Napule fosse muorto” di non antica memoria al quale i napoletani rispondono con “sti pisciaiuoli…” è emblematico dell’acredine che intercorre tra il capoluogo di Regione, Napoli, e la seconda città, destinata restare “seconda”, per quanto si agiti e sacramenti. Di più. Ad accendere ancora più la miccia, quando il livello si azzera e gli scontri si spostano un poco ogni dove, ci sta la dichiarata fede juventina di gran parte dei salernitani e di don Vicienzo che contrasta con la passione e il tifo dei napoletani.
Ma, ci sono anche motivi più seri oltre questi? Per adesso i retroscenisti tacciono. Evidentemente stanno cercando e stanno scavando per cercare di capire i “percome” e i “perché” di tanto astio che, da anni, questa parte politica salernitana mostra nei confronti delle altre realtà territoriali regionali, ma in prevalenza napoletane. E questo mostra quanto il livello di un confronto politico serio e motivato scada e scenda, sempre più spesso, verso un “basso” alquanto vicino. E questo non può essere perché alla fine di tutto paga sempre pantalone. In questo caso, pulcinella e il suo essere napoletano e campano.
Carlo Avvisati