Arena da villaggio turistico? No, Teatro Grande di Pompei! Altro che tutti dentro, tutto prescritto

Non avevamo fatto i conti con la nostra bell’Italia nella quale nessuno finisce “ar gabbio” come dicono a Roma. Tutti innocenti o prescritti, altro che “tutti dentro”

Viva l’Italia! Viva il Paese della bontà e del perdono e viva il Paese delle prescrizioni, come quelle dei reati e dei danni fatti nel Parco Archeologico di Pompei che ieri sono svaniti nel nulla perché, ormai, è passato troppo tempo; che ci stiamo a pensare a fare!

E ti pareva che non finiva senza colpevoli anche questa volta?

Circa quattordici anni fa parlavamo dei tanti “Ciechi e Muti” che fingevano di non vedere lo sperpero di denaro pubblico e non alzavano la voce su quanto era sotto gli occhi di tutti. Proprio negli Scavi, si stava perpetrando uno scempio in barba alla storia, alla cultura e all’arte del maggiore monumento del territorio vesuviano. Quello che doveva essere il “restauro” dell’antico Teatro Grande di Pompei si era invece trasformato in una “ristrutturazione” da villaggio turistico, come definimmo l’intervento della Protezione Civile e dell’allora commissario straordinario dell’emergenza archeologica di Pompei, Marcello Fiori.

I lavori furono realizzati nel 2010 in fretta e furia, con spese alle stelle perché bisognava fare in tempo con l’appuntamento del cartellone estivo del San Carlo che sarebbe andato in scena all’interno degli scavi. E così ad inaugurare quel dolore che sentivamo sulla pelle, venne a Pompei il grandissimo maestro Riccardo Muti: “nomen omen”.

La battaglia de il Gazzettino vesuviano per il “nuovo” Teatro Grande di Pompei

Combattemmo con la forza che avevamo contro quello che per noi era e resta un vero e proprio scempio che aveva stravolto la struttura romana e che, a lavori finiti, rinominammo il “nuovo” Teatro Grande di Pompei. Altro che restauro, era tutto nuovo, un mare di tufo affogava il pochissimo marmo originario. Il Teatro romano “rifunzionalizzato”: ma prima non era un teatro in disuso e cadente, prima era un monumento archeologico, le vestigia di un grande popolo, di una antica civiltà, un tuffo nella storia.

La sera dell’inaugurazione con il maestro Muti sul piedistallo, noi distribuimmo il Gazzettino vesuviano, allora cartaceo, a quanti si recarono al galà organizzato per l’occasione.

Vi lascio poi immaginare la soddisfazione quando i giudici della Corte dei Conti confermarono che non ci eravamo sbagliati. Era il febbraio del 2013 quando scrivevo “in tanti restano “Muti”, forse perché il terremoto che li colpisce sotto la comoda poltrona li lascia atterriti. Fortunatamente, ma purtroppo con grave ritardo, qualcuno non è più “Cieco”… la Procura di Torre Annunziata”.

Il decreto della Procura della Corte dei Conti di Napoli ordinava il sequestro preventivo di beni per circa 6 milioni di euro all’ex commissario, e in quella decisione c’era tutta la storia di uno spreco, proprio quello dei lavori di restauro del Teatro Grande.

Sembrava che qualcuno, per lo scempio nel Teatro degli Scavi di Pompei, avrebbe pagato

Sembrava fatta. Chi aveva violentato un tesoro archeologico che non sarebbe più ritornato come la storia ce lo aveva consegnato, sarebbe stato punito. Chi aveva preferito “sperperare in maniera oculata” i soldi pubblici, i soldi nostri, era incappato nelle maglie della legge. A pochi mesi da quell’operazione economica, di certo non culturale, dovemmo registrare il crollo della “Schola Armaturarum” che sarebbe potuta essere salvata con una piccolissima parte di quella montagna di soldi buttati al vento, anzi peggio, utilizzati per fare danni. In quella occasione creammo la pagina Facebook “Stop killing Pompeii Ruins

Che finalmente qualcuno avrebbe pagato ne fummo ancora più sicuri circa un anno e mezzo dopo quando il 10 giugno 2014 titolavamo “Teatro Grande: tutti dentro!”. “Per i lavori al Teatro Grande degli Scavi di Pompei l’ex Commissario Straordinario Marcello Fiori e gli altri sei indagati sono stati rinviati a giudizio…”, scrivevo e parlavo di lavori che avevano trasformato il monumento archeologico in un’arena da villaggio turistico.

Da ieri non paga più nessuno, tutto prescritto

E oggi? Oggi di cosa scrivo? Cosa pubblichiamo?

Non avevamo fatto i conti con la nostra bell’Italia. Nella quale più grande è il “buco” che fai e più è sicuro che non verrai punito. E così oggi non ci resta che parlare di questo “Paese di Bengodi”. Nel quale alla fine nessuno finisce “ar gabbio” come dicono a Roma. Tutti innocenti o prescritti, altro che “tutti dentro”.

Felicemente prescritti i reati individuati dalla Corte dei Conti e così chi avuto, ha avuto e chi ha dato ha dato…, anche se si tratta di “dare” 5 milioni invece dei 450mila euro preventivati e… chi si è visto si è visto!

Ma è mai possibile che da noi va sempre tutto a finire, per dirla ancora con un proverbio, a tarallucci e vino? Facimmo a ce scurdà e nessuno paga! Non dico la restituzione o la confisca del maltolto, ma nemmeno un’ammenda?

Del resto già nell’aprile del 2017 l’ex commissario Fiori era stato assolto dal danno erariale per i lavori di restauro, sistemazione e valorizzazione eseguiti presso il Teatro Grande di Pompei.

“Che mi hai portato a fare negli Scavi di Pompei se…”

E così mi viene alla mente il film di Renzo Arbore e Luciano De Crescenzo “FF.SS.” – Cioè: “…che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?”. In quella bellissima pellicola, la brava Pietra Montecorvino, sullo schermo “Lucia Canaria”, per il furto di una mela finiva in galera, mentre faccendieri e politici, legati a doppio giro alla sedia, se la raccontavano come volevano e se la cavavano allegramente. Un grande insegnamento: non rubare mele, o anche polli: si finisce in galera.

Evviva l’Italia, evviva la Libertà, evviva Bengodi. Ma che delusione! Che tristezza.

Gennaro Cirillo

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