Quella frase. Quella frase che, al di là di quello che sarà il destino di questo Napoli, rimarrà impressa a lungo nella mente dei suoi tifosi. Parlava degli uomini forti dal destino forte. E no, non è banale ripeterla per l’ennesima volta, anche se a campionato già chiuso, in cui c’è solo da festeggiare lo Scudetto.
Perchè quella che si è vista in campo stasera è stata una squadra con grinta e motivazione, con la voglia di difendere il titolo e dimostrare ancora una volta il motivo per cui è tornato fra le calde braccia di Partenope.
Un Napoli convincente che continua a far sognare il suo pubblico, anche oggi arrivato in massa al Maradona: è una vittoria che fa bene all’umore, aiuta a chiudere in bellezza una cavalcata trionfale, aiuta a dimenticare la sconfitta di Monza, un pit stop più che legittimo.
Annichilita l’Inter, fresca finalista di Champions e in piena corsa per la prossima, con un grande 3-1, ottenuto al termine di una partita dominata in lungo e in largo. E’ evidente che i nerazzurri hanno la mente a Roma, sede della finale di Coppa Italia di mercoledì, e soprattutto a Istanbul, dove i nerazzurri si giocheranno la loro quarta Champions League.
Chiaramente, però, ci si aspettava da parte dei nerazzurri un atteggiamento più deciso, volto ad azzannare un obiettivo che sembra vicino, ma non è ancora certo. E invece non è così: la formazione di Spalletti ha vita non facile ma quasi contro quella di Inzaghi. Malgrado gli azzurri non abbiano più nulla da chiedere al campionato, la partita è stata presa di petto. E magari è proprio questa la ragione del successo. L’avere fame. Sempre.
Il Napoli gioca, e lo fa bene, non è quella squadra noiosa e senza idee vista in campo in terra briantea una settimana fa. Tante trame disegnate dai piedi del centrocampo, coadiuvati dall’aiuto di un attacco che vuole continuare a divorare record su record. Gli azzurri si trovano però di fronte ad un’Inter chiusa ed estremamente fallosa.
Non a caso ancor prima della fine del primo tempo i nerazzurri restano in 10: Gagliardini, al quinto fallo, si fa espellere per doppia ammonizione, compromettendo indubbiamente i piani di Inzaghi, che si è affidato ad un massiccio turnover in vista del match contro la Fiorentina, finale di Coppa Italia.
I partenopei fanno sentire ad Onana la propria presenza con vari squilli: tuttavia, nei primi 45 minuti la difesa dei lombardi regge l’onda d’urto azzurra. Tante occasioni, ma niente di davvero insidioso.
Nella ripresa il canovaccio è diverso: il Napoli ha intenzione di spingere ancora più forte il piede sull’acceleratore, disperatamente a caccia di un gol che in chiave classifica servirebbe quanto una forchetta nel brodo, ma che darebbe il la ad un’altra prova di grandissimo orgoglio.
Si illumina Kvaratskhelia: il georgiano in più occasioni cerca di rientrare e crearsi lo spazio per trafiggere Onana. Ci prova spesso, e il suo estro non si dimostra mai sprecato: ma la difesa nerazzurra e il portiere camerunense rispondono presente.
Poi, però, al minuto 67, i riflettori vengono puntati sul centrocampo, più precisamente sulla coppia Anguissa-Zielinski, che per quanto sia stata a volte criticata, ha dato sicuramente una mano d’oro in questa stagione.
Il polacco serve il numero 99, che controlla e al volo scaraventa la palla alle spalle del connazionale Onana, che tocca, ma non può evitare il gol del vantaggio azzurro. Un gol importante per Frank, che ritrova il feeling con la porta dopo mesi non al top.
L’entusiasmo si respira nell’aria: il Maradona alza il volume, i fumogeni cominciano a colorare di azzurro l’arena di Fuorigrotta, e il Napoli continua ad incantare.
Ma l’Inter non ci sta: i milanesi mettono in pericolo la difesa partenopea a più riprese, affidandosi sempre alla velocità degli esterni, a cercare un ritrovato Lukaku, pronto a finalizzare sotto porta. E così si aggiorna lo score: Dimarco vede il movimento del belga, che, complice una dormita colossale di Juan Jesus, ha vita facile nel depositare la palla in rete a due passi da Meret. Minuto 82, l’Inter conquista un pareggio che risulterebbe molto utile per la corsa all’Europa che conta.
Il Napoli, però, si sa, non muore mai: ce lo ha dimostrato innumerevoli volte quest’anno, e non ha perso l’occasione di rifarlo stasera. Il gol di Lukaku era un tram di notte. Tre minuti e ci pensa il capitano a coronare la sua stagione in cattedra con un gol da standing ovation.
Di Lorenzo, da fuori area, si infila fra le maglie gialle e con il sinistro si inventa una parabola improvvisa che coglie di sorpresa Onana: palla sotto al sette e il Napoli è di nuovo in vantaggio. Dopotutto, chi più del capitano si meritava un gol del genere in un finale di stagione del genere?
Un ragazzo che ha sofferto e si è sacrificato per arrivare a questo momento, un ragazzo che solamente 6 anni fa scalpitava al Matera in Serie D. Probabilmente se gli avessimo detto che avrebbe vinto un Europeo e uno Scudetto da capitano, sarebbe stato il primo a riderci in faccia. Alla fine il destino ha voluto che questo ragazzo, forte della sua umiltà, potesse arrivarci davvero. E oggi festeggia con un gol più che meritato.
Ma non è finita qui: all’ultimo rintocco delle lancette, a ballare il valzer è un altro ragazzo che con la maglia azzurra ha un certo legame particolare, indissolubile: Gianluca Gaetano. Napoletano di sangue, un talento di cui si è sempre parlato bene, ma non è mai stato valorizzato.
Oggi, in ogni modo, anche lui ha avuto modo di lasciare un suo contributo alla magica stagione del suo Napoli: allo scadere il numero 70 deposita la palla sui piedi di Simeone, che a sua volta sceglie di restituirla all’ex enfant-prodige (perchè anche per lui l’età avanza). Tocco sotto, Onana spiazzato.
Finisce così, con il pianto liberatorio di Gaetano, e le note di “O ‘surdato ‘nnamurato” che fanno da sfondo ad una cornice surreale, piena di magia. Sembra un film, sembra tutto così strano, eppure è realtà: non se lo immaginava nessuno, eppure il momento è giunto. E ancora una volta il Maradona è una cartolina. Canta, balla e si diverte. Lasciatelo “pariare”, è campione d’Italia.
Giuseppe Garofalo