Ordine dei giornalisti proposte di riforma dell’ordinamento professionale
Foto: Consiglio Nazionale Ordine Dei Giornalisti

Nella seduta 13-14 giugno 2023 del CNOG è stato approvato e licenziato all’unanimità il testo di riforma della professione dei giornalisti italiani. Le proposte di riforma dell’ordinamento professionale, le quali presentano novità che riguardano sia i professionisti che i pubblicisti, sono state votate dalla Commissione speciale Riforma del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. In quell’occasione si è inoltre concordato, considerando che le norme sulla professione risalgono al 1963, sulla necessità e l’urgenza di ammodernamento delle stesse. Nella metà di luglio (prossima riunione del Consiglio) verrà posto in votazione il testo finale.

Ricordiamo che proprio nei giorni scorsi il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva inviato un messaggio, in occasione dei 70 anni dell’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana), riconoscendo ai giornalisti la responsabilità per una informazione corretta, verificata e di qualità, oltreché la necessità id garantirne l’autonomia (dei giornalisti).

Ordine dei giornalisti: proposte di riforma dell’ordinamento professionale

Parte delle motivazioni legate alla produzione del documento sono determinate anche dall’evolversi nel tempo della figura del giornalista, rimarcando il peso che potrebbe avere l’introduzione dell’intelligenza artificiale. Si legge infatti all’interno del documento che “la produzione giornalistica si è allargata a piattaforme, pubblicazioni e realtà tecnologiche e social”, che inoltre queste nuove tipologie di forme di comunicazione delle informazioni “a determinate condizioni possono rappresentare canali di informazione professionale”, ma che comunque “dovranno essere attentamente verificate dall’Ordine dei giornalisti“. Specifica ancora il CNOG che il tutto è “in armonia con quanto evidenziato dalla Cassazione, nella sentenza 26596/2020, quando si parla di attività giornalistica svolta ‘attraverso giornali, agenzie di stampa, emittenti radiotelevisive e, più in generale, ogni strumento idoneo ad assicurare la diffusione dell’informazione'”.

Va detto anche che il Consiglio nazionale, i presidenti ed i vice presidenti regionali (dei rispettivi Ordini di regione), potranno, se lo riterranno opportuno, suggerire ulteriori modifiche alla Proposta di riforma dell’accesso alla professione di giornalista, in aggiunta al lavoro di “rifinitura” che svolgerà la Commissione speciale riforma, presieduta da Riccardo Arena.

In breve la “Proposta di riforma dell’accesso alla professione di giornalista”

Uno degli obiettivi della riforma dell’accesso alla professione è quello – come leggiamo dal testo – di “innalzare il livello formativo delle nuove generazioni di giornalisti, creando – in proiezione futura – un percorso principale o unico attraverso studi universitari specifici”. “Nella proposta di riforma – scrive il CNOG – viene rivisto anche il principio di esclusività della professione giornalistica, che dovrà essere ‘attività prevalente'”.

Per quanto concerne la posizione dei giornalisti professionisti si propone l’istituzione di una laurea magistrale in giornalismo, ma in alternativa si parla di richiesta per una laurea triennale che sarà un requisito necessario per l’ingresso ai corsi specialistici controllati e vigilati dall’Ordine. Ci sarà poi, molto probabilmente, un periodo di transizione all’interno del quale rimarranno in vigore tutte le modalità di accesso attualmente operative.

Per i giornalisti pubblicisti invece, le cose saranno un po’ diverse, infatti a questi ultimi sarà richiesta una laurea di primo livello (laurea triennale) che sarà utile come requisito per iniziare il biennio di attività propedeutico e necessario per l’iscrizione all’Albo unico nazionale, all’interno di questo periodo temporale gli aspiranti giornalisti pubblicisti dovranno seguire anche un percorso di formazione.

I giornalisti professionisti

All’interno della proposte di riforma dell’ordinamento professionale si chiarisce che la strada indicata dall’Ordine dei giornalisti è proprio quella di avere l’intenzione di creare un unico canale formativo per poi accedere all’esame di Stato, che darà il diritto di esercitare la professione (ma che comunque l’attuazione sarà compito del legislatore). Quindi una laurea magistrale in Giornalismo, in alternativa una laurea triennale o magistrale, in aggiunta un master biennale specialistico. Un percorso insomma che garantirebbe un’acquisizione di competenze “negli ambiti della cronaca e del linguaggio giornalistico, dell’informazione multimediale, della comunicazione digitale, delle lingue straniere e dell’analisi dei social”, senza escludere affatto il ruolo che hanno anche oggi i master dedicati alla materia e le scuole di giornalismo. Dovrà essere compito dell’Ordine quello di assicurare “omogeneità tra un percorso e l’altro, secondo condizioni di pari difficoltà e obiettivi di pari qualità”.

“In particolare – si legge all’interno del documento – il corso di laurea in Giornalismo dovrà essere organizzato in stretto raccordo tra le Università e i ministeri competenti, Istruzione (MIUR), Università (MUR), Giustizia (in quanto autorità vigilante sull’Ordine), con la diretta partecipazione dell’Ordine dei giornalisti alla ideazione, all’organizzazione e all’intero processo di gestione”.

Chi non proviene però direttamente dal percorso universitario di studi giornalistici potrà accedere al successivo ciclo biennale di specializzazione che dovrà essere organizzato ed incentrato su un “tirocinio teorico-pratico della durata minima di diciotto mesi nell’arco di ventiquattro, da svolgere nei diversi campi della professione e degli ambiti dell’informazione, attraverso strutture redazionali a disposizione delle Università o con strutture esterne convenzionate”.

Il praticantato del professionista ed il tutor

Gli Ordini regionali dovranno vigilare sullo svolgimento del praticantato degli aspiranti professionisti, si impegneranno quindi a inserire, nel ruolo di tutor, un giornalista professionista (all’interno della Proposta di riforma si escludono i casi di assunzione presso aziende ditoriali). Nel frattempo, sempre gli Ordini di regione, metteranno a disposizione dei corsi gratuiti di formazione grazie ai quali i futuri giornalisti potranno acquisire un totale di almeno 36 crediti, la metà di questi dovranno essere di carattere deontologico. Alla fine dell’iter formativo e dei 18 mesi di praticantato il presidente dell’Ordine regionale: raccoglie la relazione finale del tutor, passa poi alla verifica della sussistenza e della continuità dei requisiti prescritti, rilascia così la dichiarazione di compiuta pratica.

In cosa consiste l’esame di idoneità professionale

Riportiamo direttamente dal documento di Proposta di riforma dell’accesso alla professione di giornalista: “L’esame di idoneità professionale dovrà verificare la cultura generale del candidato e quella specifica relativa al giornalismo (norme di legge e norme deontologiche), secondo quanto già disposto dall’articolo 32 della legge 69/1963, tenendo conto delle diverse integrazioni introdotte nel tempo, oltre a verificare la preparazione del giornalista attraverso scritti, immagini e audio sui diversi mezzi di comunicazione. Gli ambiti da approfondire saranno quelli già individuati, in particolare: cronaca e linguaggio giornalistico; informazione multimediale; comunicazione digitale; utilizzo delle lingue straniere; analisi e impiego dei social”.

I giornalisti pubblicisti

L’Ordine vuole garantire – come si afferma nel documento – “anche nel pubblicismo un più alto livello formativo”. I requisiti quindi saranno, come “condizione prioritaria” almeno una laurea di primo livello; una documentazione dell’attività pubblicistica; una dichiarazione di inizio attività; la documentazione contabile e certificata dei pagamenti ricevuti; la partecipazione ai corsi di formazione organizzati dall’Ordine di appartenenza in materia di deontologia. Questo percorso, che avrà una durata di due anni, verrà valutato dal Consiglio regionale, seguirà poi un colloquio finale di ingresso che avrà la funzione di accertare la preparazione dell’aspirante pubblicista. Ricordiamo infine che i pubblicisti sono coloro che “svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni e impieghi” (legge del 1963).

Andrea Ippolito

 

 

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