Napoli, la Venere di Pistoletto e gli

Gli stracci. Le pezze. Tante: una montagna; colorate. Mille sfumature. Un caleidoscopio. E una donna, nuda, che quel mare di stoffe affianca, abbraccia, sovrasta. Michelangelo Pistoletto, artista sublime, esponente straordinario della Pop Art europea e poi tra i protagonista del ‘900 dell’”Arte povera”, che con i suoi studi – lavori ha dato uno scossone a una stagione dell’arte che da toppo tempo languiva e si trascinava stancamente senza più proposte e senza più emozionare, ha segnato ancora una volta il tempo con la “Venere degli stracci” sistemata nella piazza emblema di Napoli, piazza Municipio.

Napoli, la Venere di Pistoletto e gli “stracci” di città

Certo, perché l’arte deve emozionare, creare subbuglio, turbamento nella mente di chi guarda e avverte sensazioni. Ecco, se un colore, un oggetto, una statua, un verso, un suon, un rumore ti fa sobbalzare, immalinconire, sorridere o anche incazzare allora il messaggio è arrivato. Negativo o positivo che sia, ha messo in moto un meccanismo di vita: l’emozione. Siamo fatti di emozioni, di amore, di odio, di pianto e di sorrisi. Inutile stare a girarci attorno, la “Venere degli stracci” di Pistoletto è tutto questo e anche più. Crea polemiche, accende discussioni, muove gli spiriti.

Dunque, l’artista ha raggiunto lo scopo: far parlare di sé, della sua opera, delle sue idee. Sarebbe davvero cosa buona e giusta se a scuola, durante le ore (poche e mal distribuite) di storia dell’arte si insegnassero non solo i nomi e la vita di pittori e scultori – a che serve? Ci sono i libri per sapere dove e quando uno è nato – ma a leggere un’opera, a stare fermo davanti a un quadro, a una scultura, a un bronzo e a studiarlo. A capirlo. Ecco, la “Venere” di Michelangelo Pistoletto (e non vi dico dove e quando e nato, perché basta il telefonino per sapere di tutto e di più su di lui) va guardata, studiata, da tutti gli angoli.

La Venere degli Stracci, Michelangelo Pistoletto ed il suo meccanismo di vita

Le si deve girare attorno; va guardata assieme ai suoi stracci, alle sue pezze e nel contesto della Piazza. Perché se la osservate con il mare sullo sfondo assume un significato, se invece la inserite in uno “sguardo fotografico” che ammette le altre prospettive della piazza, allora Venere “parla” in maniera differente. Enigmatica, pensierosa guarda là, dove “partivano i bastimenti” per le terre assai lontane, e quegli stracci sembrano essere le stesse pezze che l’emigrante si portava nella povera valigia di cartone. Poi guarda il Palazzo, e quella montagna di pezze pare essere la munnezza che spesso viene nascosta sotto i tappeti del mondo.

E forse i panni stesi da un balcone all’altro nei vicoli di Napoli, in quella mmescafrancesca di raggi di sole e di profumi e di fetori e di rumori e di grida non sono la stessa cosa della montagna di pezze di Pistoletto? Quelle guaglione, more o pure bionde, o castane o rosse, che quelle pezze stendono al sole e all’ombra, in quei pertusi dove il sole mai arriva, non sono le stesse Veneri dell’opera di Pistoletto? E girate attorno all’istallazione: ogni passo una prospettiva diversa che va letta e che dà nuovi stimoli.

Tante le “Veneri” di questo maestro della Pop Art

A che sarebbe servita altrimenti questa statua colossale e questa altrettanto grande montagna di stracci, nata dalla primitiva opera, certamente di minori dimensioni, che oggi se ne sta nelle sale della Tate Gallery, a Londra. Una Venere, quella di Napoli. Tante, invece, le “Veneri” di questo maestro della Pop Art che sono in giro per il mondo. A segnare quanto essa sia un’opera di respiro universale. Come Napoli, che da millenni è essa stessa un’opera d’arte. Venere degli stracci e Napoli. Napoli “degli stracci” e Venere. Due capolavori… se solo non ci fossero quei napoletani che non amano la loro città.

Carlo Avvisati

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