Fujitevenne ‘a napule. Eduardo aveva ragione, questa città non merita di essere abitata dai napoletani che l’amano: la “Venere degli stracci” di Pistoletto ha fatto una lampa. L’hanno appicciata. Le hanno dato fuoco, poco prima delle sei di questa ennesima giornata di lutto per questa sfortunata città. È rimasto solo lo scheletro. Una testimonianza che, personalmente, lascerei là, dove è morta ancora una volta Napoli. Istallazione perenne alla inutilità di una percentuale esigua, ma pur sempre numerosa, di gente squallida.
A fuoco a Napoli la Venere degli stracci di Pistoletto
Napoletani o meno che siano. Ragazzi, giovani, adulti? Non sappiamo chi sia stato. Le indagini ci diranno cosa ha provocato il fuoco. E forse pure chi ha appiccato le fiamme. E dire che l’allarme “vandali” era già stato dato più di una settimana fa. Qualcuno aveva ventilato che la “Venere” era a rischio e che serviva protezione e vigilanza per un’opera d’arte di tale significato. E qualcun altro, mo, starà sghignazzando per la bravata. Certo, penserà di avere appicciato solo nu muntone ‘e panni viecchi. Non è così.
Chi ha fatto questo ha dato fuoco a quelle poche altre speranze che Napoli, la mia, la nostra, città del cuore, teneva di riuscire a sopravvivere all’imbecillità, alla demenza, alla cattiveria, al malaffare, ai tanti quacquaracquà che da mattina a sera ne parlano e ne scrivono senza conoscerla, senza davvero amarla. Non esistono parole. Solo dolore, ora. Poi, a bocce ferme, si faranno analisi, si dirà, si parlerà. Chiacchiere.
Bruciate anche le speranze della città
Chiudendo il pezzo in cui, pochi giorni addietro, avevamo scritto dell’opera che il maestro Pistoletto aveva voluto regalare a Napoli, avevamo detto e scritto “Venere degli stracci e Napoli. Napoli ‘degli stracci’ e Venere. Due capolavori… se solo non ci fossero quei napoletani che non amano la loro città”. Eravamo stati profeti. Ora rivolgiamo un invito a quei “napoletani”, o forestieri, che non amano Napoli. E pure un invito, ma non quello di Eduardo, perché Napoli è la nostra città, il nostro posto del cuore: jatevenne ‘a Napule, voi che non l’amate. Jatevenne!
Carlo Avvisati