Sarà una Missione Mariana speciale quella che avrà inizio mercoledì 26 luglio e si concluderà domenica 30 al Santuario di San Michele, sul Monte Faito, nel comune di Vico Equense (Napoli). Per una volta, infatti, il Quadro della Madonna Pellegrina di Pompei viaggerà in treno partendo alle 15.30 dalla stazione Eav Pompei Scavi-Villa dei Misteri per giungere a Castellammare di Stabia mezz’ora dopo e, da lì, salire, in funivia, verso il Faito. Alle 16.30 la Vergine, raffigurata nell’Icona, sarà accolta dalle autorità, dalle confraternite, dal popolo tutto che l’accompagnerà, in processione, verso il Santuario. La musica del corpo bandistico “Don Mosè Mascolo” accompagnerà il corteo religioso che giungerà in chiesa dove, alle 18, il rettore, don Catello Malafronte, celebrerà l’Eucarestia.

Il rito darà inizio a cinque giorni di preghiera e di riflessione, che culmineranno nelle Messe serali: giovedì 27 luglio il rito sarà presieduto da Monsignor Francesco Alfano, Arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia; venerdì 28 luglio da don Maurizio Esposito, parroco di San Renato di Moiano, una comunità di Vico Equense; sabato 29 luglio da Monsignor Francesco Paolo Soprano, delegato per la Missione Mariana; domenica 30 dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo. Durante quest’ultima celebrazione il Prelato benedirà una tela del Maestro Ciro De Rienzi in cui l’artista ha raffigurato “Bartolo Longo e l’Arcangelo del Faito”. Il quadro è stato donato dalla famiglia Ravallese-Dello Ioio.

Al termine l’Icona della Madonna Pellegrina attraverserà, con l’autocappella, tutte le strade del Monte Faito prima del ritorno a Pompei. Nelle prime tre serate, diverse comunità animeranno la liturgia: il 26 la parrocchia di Sant’Antonio di Padova, guidata a Castellammare di Stabia, da don Malafronte; il 27 le parrocchie di San Ciro, guidata da don Ciro Esposito, e di Sant’Antonino Abate, guidata da don Raffaele Scarpato, entrambe di Vico Equense; il 28 la parrocchia di San Renato, sempre di Vico. Sabato 29 luglio, tra l’altro, don Salvatore Sorrentino, sacerdote del clero pompeiano, presenterà il volume “Bartolo Longo e l’Arcangelo del Faito”. Nello stesso giorno, alle 20, avrà inizio la veglia di preghiera che si concluderà con la fiaccolata sul sagrato del Santuario e l’atto di consacrazione dei paesi dei Monti Lattari alla Madonna di Pompei. Grande importanza sarà data al sacramento della Confessione, al quale i fedeli potranno accostarsi dalle 9 alle 12 e dalle 15.30 alle 19 di ogni giorno di Missione.

Il Santuario di San Michele è luogo di particolare devozione. Si racconta che proprio tra le sue sacre mura, nel quinto secolo, si raccolsero in preghiera San Catello e Sant’Antonino. Quest’ultimo, fuggito dall’Abbazia di Montecassino in seguito alle invasioni longobarde, incontrò a Stabia San Catello, allora Vescovo delle diocesi, che gli chiese di recarsi sul Faito (all’epoca chiamato Monte Aureo) e pregare per la gente che Dio gli aveva affidato. Tempo dopo fu lo stesso San Catello a tornare sul Monte e, una notte, San Michele apparve in sogno ad entrambi chiedendo che fosse edificato una chiesa a lui dedicata. I due futuri santi edificarono subito un primo provvisorio tempio ligneo. Le scorrerie di briganti e vandali portarono alla rovina del Santuario ma, dopo la Seconda Guerra mondiale, un nuovo Santuario fu costruito e consacrato. I lavori di riqualificazione terminarono nel 1973.

Bartolo Longo, che a San Michele era devotissimo, volle che il Santuario di Pompei fosse edificato proprio di fronte al monte dove apparve l’Arcangelo. Nel suo libro “Storia del Santuario di Pompei”, Bartolo Longo scrisse: “Ho scritto queste pagine nel mio studio, posto nella prima stanzetta contigua al Santuario della nostra cara Madre di Pompei. Di qua si guarda la sommità del monte Gauro, memorabile per l’apparizione dell’Arcangelo San Michele a San Catello, Vescovo di Castellammare.

Nel silenzio che domina questa Valle nell’inverno, sovente ho provato l’illusione di esser solo in un mondo deserto. E sotto un bello azzurro di cielo senza nubi, alla vista di quel monte che incessantemente mi fa viva alla memoria la celeste apparizione e l’angelico colloquio, mi è parso nello scrivere, che anch’io non parlassi cogli abitatori di quaggiù, ma con quei che si spaziano per l’infinito. Ho fatto ad essi la mia ingenua narrazione, e così la mando alle stampe”.

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