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Sversava veleni nel Sarno: sotto sequestro nota azienda conserviera a Sant’Antonio Abate

Un’azienda conserviera di spicco nel settore è finita sotto i riflettori delle autorità dopo l’accusa di inquinamento ambientale nel torrente Marna e di conseguenza nel fiume Sarno. Si tratta dell’azienda “La Rosina” di Sant’Antonio Abate: la fabbrica è stata posta sotto sequestro dai carabinieri del Comando gruppo per la Tutela Ambientale di Napoli. Per le autorità l’attività industriale di trasformazione dei prodotti della terra, sarebbe responsabile di sversare scarichi fognari e reflui industriali direttamente nei corsi d’acqua circostanti.

Il procuratore Fragliasso, commentando il caso, ha dichiarato che il sequestro dell’intera azienda è stato ritenuto “necessario al fine di evitare la compromissione ulteriore dell’ambiente circostante e del fiume Sarno”.

Il provvedimento è stato eseguito in esecuzione di un decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice del tribunale di Torre Annunziata, su richiesta della Procura oplontina. Secondo l’accusa, il titolare dell’azienda avrebbe commesso gravi inottemperanze alle prescrizioni dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, riguardanti la corretta gestione dei rifiuti e lo scarico delle acque reflue, ma anche del reato di ostacolo al controllo.

Questa non è la prima volta che l’azienda è coinvolta in tali problematiche, due anni fa era già stata oggetto di attenzione per violazioni simili. Successivamente l’azienda abatese non avrebbe provveduto a regolarizzare la sua posizione con un impianto di depurazione, proseguendo nella lavorazione, nel confezionamento e nella vendita di passata di pomodoro con marchio “bio”, ma “in violazione della normativa ambientale, soprattutto con riferimento allo scarico dei reflui industriali e alla gestione dei rifiuti”.

Le indagini, coordinate dalla Procura di Torre Annunziata e condotte dai carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico (NOE) di Napoli con il supporto tecnico dell’ARPA Campania, si inseriscono all’interno della più ampia inchiesta denominata “rinascita Sarno,” volta a indagare sulle cause dell’inquinamento del fiume Sarno.

Durante i controlli mirati, gli investigatori hanno scoperto un collegamento abusivo (bypass) tra la vasca di raccolta dei reflui dell’azienda e il canale di bonifica che sfocia nel torrente Marna, alimentando così l’inquinamento del fiume Sarno.

Nello specifico i militari del NOE hanno accertato, a seguito di prova idraulica, condotta con l’utilizzo del colorante naturale la presenza di un uno stabile collegamento abusivo, senza soluzione di continuità, tra la vasca di raccolta dei reflui, prima di essere immessi in fogna, tramite pompe ad immersione, ed il canale di bonifica, che confluisce appunto nel torrente Marna.

L’azienda avrebbe scaricato nelle fogne anche le acque di dilavamento del piazzale, quelle del lavaggio dei pomodori e degli stessi camion utilizzati per il trasporto. Anche la confluenza dei reflui relativi ai servizi igienici, era direttamente in fogna, bypassando il trattamento depurativo. Il bypass avrebbe inoltre contribuito a eludere i controlli ambientali.

La condotta illecita accertata avrebbe cagionato una compromissione ed un deterioramento significativi delle acque del canale Marna, per effetto della presenza, nelle acque di scarico, di sostante inquinanti, che avrebbero dovuto formare oggetto di una preliminare attività di depurazione mai realizzata.

Le indagini hanno consentito, inoltre, di accertare lo stoccaggio di varie tipologie di rifiuti speciali anche pericolosi (fresato di asfalto, imballaggi in plastica, imballaggi in ferro contaminati da sostanze pericolose, batterie al piombo) in aree dello stabilimento non ricomprese nell’atto autorizzativo, con conseguente realizzazione di un deposito incontrollato di rifiuti. Anche quest’area è finita sotto sequestro.

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