Ora che le fanfare della celebrazione dispensatrice di oblio si sono spente, possiamo tacere e lasciare la parola al grande maestro Tolstoj. Molti lo ritengono inattuale, perchè non ha la levità pesante e la vista corta del nostro tempo breve. Molti lo seppelliscono tra le nicchie dei sapienti venerati e inascoltati. Molti, timorosi o indifferenti, semplicemente non l’hanno letto. Eppure chiunque lo incontri, per caso o per destino, nella sua strada di lettore, affamato o sporadico, scoprirà la leggerezza di leggere Tolstoj.

Non ci sono parole difficili o riflessioni astruse alla Dostoevskij a ostacolare la lettura e la sua piacevolezza pensosa. Il discorso narrativo scorre fluido e ti trasporta come per magia dall’incantesimo della realtà all’autenticità della finzione letteraria. Chiunque può leggere Guerra e Pace: Daniel Pennac in “Come un romanzo” rivela di averlo letto da bambino scoprendovi un’avventura straordinaria, innamorandosi di Natasha e odiando il principe Andrej che è così stupido da perderla.

E come non innamorarsi nel canto notturno dei due giovani alla finestra che scoprono l’amore nel profumo della natura crepuscolare e cospiratrice? Come non riconoscersi nella gelosia ossessiva di Anna Karenina che spia alla finestra l’incontro di Vronskij  con la giovane principessa a lui destinata dalla madre malefica? Come non esaltarsi della sapienza narrativa con cui Tolstoj dissemina di anticipazioni tragiche l’arrivo di Anna Karenina a Mosca,  culminanti nella morte di un uomo sotto un treno? Il lettore è avvertito: sarà una tragedia, ma sarà grandiosa e totale.

Un’altra avvertenza: Tolstoj dà dipendenza qualsiasi sia l’argomento toccato dalla sua grazia narrativa e stilistica. Persino la falciatura dei campi, i piani strategici di Napoleone e Kutuzov o l’ esistenza della Storia? Sì, persino per questo perderete il sonno incollati alle pagine  dalla bellezza ipnotica. Perché Tolstoj è un cantastorie, è uno scrittore innamorato dei propri personaggi, un incantatore che dispensa magie narrative. Perché se non ci sono riflessioni astruse ad ingolfare il racconto è il racconto stesso a sgorgare da una riflessione e da una visione del mondo che il lettore respira insieme alle sue parole. Di recente Ettore Scola ha dichiarato a Repubblica: “L’altro giorno ho riposto Cervantes accanto a Tolstoj.

E ho pensato: se vicino ad Anna Karenina c’è Don Chisciotte, di sicuro quest’ultimo farà di tutto per salvarla”.Ora noi, come Don Chisciotte, dobbiamo salvare Tolstoj dall’oblio delle commemorazioni. Per farlo c’è un unico modo: liberarlo dagli scaffali polverosi in cui l’abbiamo esposto e leggerlo.

Claudia Malafronte

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