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“Pompei, dell’antichità della vitae e del vino”: due giorni di eventi nella città antica. Cosa si offriva in un locale pompeiano?

“Pompei, dell’antichità della vitae e del vino”: due giorni di eventi nella città antica. Cosa si offriva in un locale pompeiano?

Ottomila? Novemila? Chi può dire quanti anni fa iniziò la storia del vino su questa terra! E, ancora più, dove e chi fu il primo che scoprì come fosse possibile che staccando quelle “palline” dal legnetto a cui erano attaccate e schiacciandole si poteva ottenere una bevanda gustosa, dolce, inebriante? Come e con quali mezzi (navi, carri, schiavi) poi, quel “succo” si fece strada nel mondo diventando assieme al pane uno degli alimenti più diffusi sulla faccia della terra?

E, del vino, della sua origine e delle sue trasformazioni si parlerà in una due giorni di convegni, dibattiti, lectio magistralis e narrazioni archeo mitologiche che si terranno, da sabato 2 a domenica 3 settembre prossimi, nel Quadriportico dei Teatri, all’interno del Parco archeologico di Pompei.

“Pompei, dell’antichità della vitae e del vino”

“Pompei, dell’antichità della vitae e del vino” è il tema che verrà sviluppato negli incontri e nei dibattiti nei quali si dirà de “Il vino nei millenni, dalla Georgia alla Campania”, degli “Ottomila anni di storia della vite e del vino, tra cultura arte e scienza” e di “Pompei la prima grande città che ha globalizzato il mercato del vino dal Medio Oriente al mediterraneo ed in Europa”.

Ovvio che, come si può ben comprendere, un evento che avesse questi argomenti per tema non poteva tenersi altro che a Pompei, per eccellenza la città antica del vino. Di più. Pompei antica è il sito archeologico che ha consentito il recupero e la valorizzazione degli antichi vitigni vesuviani, attraverso uno studio sui resti di vinaccioli rinvenuti nelle aree degli scavi destinate a vigneti. In quei terreni vennero trovati non solo pollini e frammenti di legno appartenenti a viti, ma anche le cavità lasciate nel terreno dalle radici.

Il recupero e la valorizzazione degli antichi vitigni vesuviani

La ricerca, negli anni, ha visto impegnati il laboratorio della Soprintendenza e gli esperti della Mastroberardino che in cinque aree degli scavi hanno impiantato vigneti sperimentali. Le viti messe a dimora e portate in produzione sono lo sciacinoso e il piedirosso, i cui capostipiti si identificavano, con molte probabilità, con la Vitis oleogina e la Columbina purpurea, e sono state scelte in seguito a una ricerca ampelografica tra i grappoli d’uva raffigurati negli affreschi e quelli dei vitigni campani tradizionalmente riconosciuti come discendenti da quelli greci e romani.

Insomma, con le sue osterie, bettole e locande, locali e esercizi che in quasi tre secoli di scavi sono stati riportati alla luce, Pompei (assieme a Ercolano) è un unicum al mondo per la possibilità offerta a studiosi e gente comune di capirne di più sulla storia della bevanda e di chi la commerciava.

L’oste Eusino (o Euxino), difatti, a in città era tanto famoso (si suppone per la bontà del vino che era possibile bere nel suo locale) che bastava appunto segnare solo pochi dati sulle anfore ripiene di vino che gli arrivavano dai produttori. Asellina, per posizione, notorietà e bontà dei prodotti approntati nel suo termopolio, non gli era da meno. Probabilmente, i due, si contendevano la palma di proprietari delle migliori e più accorsate tra le rivendite di vini e rosticcerie dell’epoca.

Cosa si offriva in un locale pompeiano?

Ma cosa si offriva in un locale pompeiano? Niente, o quasi, carne, quindi, ma solo verdure o altri prodotti dei campi, del formaggio, garum di seconda scelta, forse del pesce poco pregiato, pagnotte di pane comune e vino. Quest’ultimo, di tutte le specie e per tutte le tasche. Dal Pompeianum famoso al Surrentinum, altrettanto noto. Dal violatum, ottenuto mettendo a macerare fiori di viole al Rosatum prodotto con petali di rosa era tutto un programma. Ma c’era pure quello che annacquava, come scrisse un avventore sulla bettola che frequentava: “Vorrei che tali inganni ti si ritorcessero contro, oste: tu vendi acqua ma bevi vino sincero”. Insomma, allora come oggi, c’era gente di pochi scrupoli.

L’evento di sabato due settembre, come quello del giorno successivo, si sviluppa nelle ore serali dalle 18.00 alle 23.30 e prevede, oltre alla presenza di circa 40 aziende di vino, 5 Consorzi di Tutela del Vino della Campania: Vitica Caserta, SannioDop, Vesuvio Dop, Vini d’Irpinia e Salernum Vitae, un’area Culinaria e un’area dedicata alle masterclasses. Insomma, viaggio di degustazione di vini dalla Georgia a Cipro, al Libano, alla Grecia, all’Italia, condiviso con le Ambasciate di Georgia, Grecia e Cipro, con il contributo dell’Ambasciata italiana a Tbilisi. Per arrivare poi in Campania con una significativa selezione di aziende della Campania Felix.

Personalità e studiosi ripercorreranno le antiche rotte del vino

Un momento significativo sarà la riproduzione dell’antica focaccia di Pompei a cura del cuoco storico della cucina napoletana Antonio Tubelli in collaborazione con l’Istituto Alberghiero di Vairano Scalo “G. Marconi”. Per celebrare l’unicità dell’evento sono stati coinvolti nel “Convivium”, sempre all’interno del Quadriportico dei Teatri, personalità e studiosi che ripercorreranno le antiche rotte del vino e daranno gli elementi essenziali per capire l’evoluzione della coltivazione della vite. Sono previsti interventi di David Lordkipanidze, Attilio Scienza, Eugenio Sartori, David Maghradze, Ais Campania con Tommaso Luongo, il progetto Esperienze di Vitae che celebra la premiazione delle quattro Viti campane della Guida Vitae 2023 e il “Concorso Miglior Sommelier della Campania”.

Per domenica 3, invece, sono previsti interventi del direttore del parco Gabriel Zuchtriegel, di don Alfonso Iaccarino, del Docente di Marketing e Trasformazione Digitale all’Università Federico II di Napoli Alex Giordano e con Franco Pepe, miglior pizzaiolo al Mondo di The Best Chef Awards 2021. Quindi, a seguire, “Lectio Magistralis” dal titolo “Un viaggio nel passato per capire il vino”, tenuta dal presidente dell’Oiv (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino) Ordinario di Enologia Università Federico II di Napoli, prof. Luigi Moio e la Narrazione dedicata a “Dioniso all’ombra del Vesuvio”, a cura dell’archeologo Mario Cesarano, Soprintendenza Archeologica di Napoli.

Carlo Avvisati

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