Lutto nel mondo della cultura, addio all'archeologa Caterina Cicirelli

In genere non scrivo mai in prima persona per rispetto di uno dei fondamenti della professione, la terzietà che il giornalista deve sempre osservare quando si rivolge al lettore. Stavolta no, non lo faccio. Non lo faccio perché “hic et nunc” ovvero “qui e adesso” mi corre il triste dovere di ricordare una persona amica: Caterina Cicirelli, archeologa, per anni in forza alla soprintendenza di Pompei, scomparsa due giorni fa senza che niente lo lasciasse presagire.

Una dipartita resa ancora più pesante da quell’altra di Valeria Sampaolo, anche lei, amica e archeologa, direttrice per anni del Museo Archeologico di Napoli, andata “oltre” solo il giorno prima. La conobbi, Caterina, alla fine degli ani Ottanta, quando la Soprintendenza di Pompei era guidata da Baldo Conticello, durante un corso di archeologia, organizzato dagli “Amici di Pompei”, associazione di cui era straordinario segretario don Vincenzino Sicignano una carriera di benemerito assistente, da don Amedeo Maiuri in poi.

Ebbene Caterina, che di quel corso, assieme a Antonio Varone e Marisa de Spagnolis, tra gli altri, era uno dei relatori, attaccò a parlare e pareva non volesse finire più. Caterina parlava, parlava e raccontava con passione e competenza del territorio, delle campagne di scavo, dei rinvenimenti. Una vera manna per chi, come il vostro cronista, cominciava a muoversi nel grande e complicato mondo dell’archeologia, dopo aver scritto di altro. Quando finì la relazione, mi avvicinai, mi presentai e le chiesi dei chiarimenti. Parlammo ancora un’ora. Seppi quello che mi premeva sapere.

E da quel momento fu uno dei miei punti di riferimento sul territorio che poi avrebbe controllato: da Terzigno a Poggiomarino, lavorando, scavando, riportando alla luce e studiando pezzi unici del grande mosaico fatto di ville di otium e rustiche sepolte dal Vesuvio nel 79 dopo Cristo e dell’insediamento terramare di Longola, riportato alla luce dal gruppo di archeologi e specialisti coordinato da Claude Livadie. O ancora quando lavorò con passione, assieme a una squadra di grossi specialisti, al recupero e alla riapertura del complesso della Casa di Championnet, a Pompei. Caterina era poco malleabile, sempre in movimento, e quando le cose non andavano come aveva immaginato prendeva cappello in pochi secondi.

Non accettava compromessi e partiva lancia in resta. Ma dopo un momento si calmava e prendeva a ragionare. Specie davanti a una tazza di caffè presa nel baretto alla stazione della Circum di Villa dei Misteri. E se ti gratificava della sua amicizia e considerazione, era per sempre. L’ultima volta che l’ho vista è stato prima dell’estate. Aveva ancora qualche incarico al Parco Archeologico di Pompei, nonostante fosse in pensione. Ma, il suo amore per l’archeologia e per il territorio, che conosceva palmo a palmo, le aveva fatto accettare quest’altro impegno. Ci lasciammo promettendoci di rivederci dopo l’estate per alcuni chiarimenti sulle belle ville di Cava Ranieri, a Terzigno. Il Fato non ha voluto. Prima o dopo te li chiederò lo stesso, Caterì. A Dio, amica.

Carlo Avvisati

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