Giorgio Napolitano, senatore a vita, già Presidente della Repubblica italiana dal 15 maggio 2006 al 14 gennaio 2015, è morto, a Roma, all’età di 98 anni. E dunque, come succede quando si verifica un fatto di cronaca eclatante, la stampa si scatena. Chi teneva il “coccodrillo” (si chiama così, proprio perché spesso si versano “lacrime di coccodrillo”, il pezzo che i giornali mettono in pagina a tamburo battente, per non prendere un “buco” sanguinoso) pronto già da parecchio tempo, non ha fatto altro che piazzarlo, in prima pagina e in bella evidenza, riportando l’età, i fatti di famiglia: dal coniuge ai figli, il percorso politico, i meriti e i demeriti, gli elogi e gli attacchi.
Domani, o forse già oggi, toccherà alle “grandi penne” della carta stampata, e ai politologi di mestiere, dire, parlare, riassumere, mettere assieme, elencare per filo e per segno, e pesare con il bilancino dell’orefice, la sua via. Gli guarderanno persino nei calzini, gli uni per dire della sua eleganza e del suo saper essere politico (ve lo immaginate un politico con i calzini gialli o viola?), gli altri per dire che “si, una volta aveva messo un calzino col buco”.
Noi, che di mestiere facciamo il cronista, diremo i fatti, ne scriveremo lo stretto necessario. Perché, poco interessano aspetto, moglie, figli, età. Anche se al popolo gossipparo cresciuto da quasi mezzo secolo a colpi di “Grande fratello” e “Uomini e Donne”, servirà proprio questo per intavolare discussioni accorate. Noi parliamo dell’Uomo Giorgio, delle tragedie vissute, delle decisioni amare e difficili da prendere, della passione e della competenza con le quali ha fatto il suo lavoro. Perché di questo è fatta la vita di un uomo. Un uomo comune. E Giorgio Napolitano, nonostante qualcuno lo chiamasse, causticamente, “Re Giorgio”, questo era: un Uomo. Comune. Con i suoi difetti e i suoi pregi. Quanti anni teneva? Teneva i suoi anni. Aveva il suo tempo. Dispiace? Poco? Molto? Ognuno ha il diritto di pensarla alla sua maniera.
La sinistra, e i comunisti, vecchi e nuovi, ha diritto e dovere a elogiarne la grandezza di statista e il suo essere stato tra i padri fondatori della Nostra Repubblica. Ha diritto di ricordarne il passato, e il presente, di antifascista.
Gli avversari politici, hanno il diritto di ricordare quelle azioni fatte, in guerra, nel corso del secondo conflitto mondiale, contro di loro. Ma erano tempi di guerra. E l’Italia partigiana e antifascista stava tentando di uscire fuori da una miseria morale e sostanziale in cui era stata cacciata dalla mania di grandezza di qualche “uomo del destino”.
Giorgio Napolitano È stato il Presidente della nostra Repubblica e questo già basterebbe per farne una persona meritevole. Una Repubblica, quella italiana, che fino a ora ha sempre avuto Presidenti all’altezza, rispettosi del ruolo e della grande responsabilità che gli era affidata. Di più, Giorgio Napolitano Presidente lo è stato per due volte (possibilità prevista dalla nostra Carta costituzionale), cosa mai accaduta prima. E se qualcuno ben ricorda, è stato colui il quale ha tolto le castagne dal fuoco a una politica che per mesi fu incapace di trovare un successore alla sua altezza.
Uno che non si è tirato indietro quando la Nazione, la Repubblica, lo ha chiamato a farsi carico di problemi e decisioni, uno che ha persino pensato di sdoganare, forse sbagliando, i vecchi avversari politici. Un uomo che ha attraversato il suo tempo facendo quello che onestà e correttezza umane e politica gli suggerivano. Un Uomo a cui l’Italia di questo inizio secolo–millennio deve molto. Direi di più: tantissimo. Buon viaggio Presidente Giorgio.
Carlo Avvisati