Da problema centrale negli anni di “mani pulite” a tema marginale oggi: ma la corruzione non è scomparsa in Italia e le conseguenze economiche e sociali sono ancora importanti.
Il magistrato Raffaele Cantone delinea, nella presentazione presso la Feltrinelli di via Santa Caterina a Chiaia, 23, la storia del fenomeno e traccia le linee guida tecniche, ma anche sociali, antropologiche ed etiche, per prevenire e reprimere il fenomeno a favore di una cultura della legalità.
L’attenzione dell’opinione pubblica e della classe dirigente nei confronti della corruzione fa registrare un andamento oscillante. Negli anni di ‘Mani pulite’ sembrava essere il problema per eccellenza del nostro Paese. Oggi invece riscuote scarsa risonanza sui media, inducendo a pensare che il fenomeno sia stato ridotto a male marginale ed eccezionale.
Eppure l’Italia si trova solo al 42esimo posto nella classifica delle nazioni più virtuose in materia, segno di un persistente, anche se non eclatante, radicamento della corruzione. Si può facilmente intuire quanto siano nefaste le sue conseguenze in termini non solo di inquinamento dei legami sociali e politici, ma anche di inefficienza del sistema economico.
In Corruzione. Prevenire e reprimere per una cultura della legalità (Vita e Pensiero, 192 pp., 16,00 €, in libreria dal 15 settembre, collana “Piccola biblioteca per un Paese normale”) Raffaele Cantone, che ha presieduto l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) dal 2014 al 2019, delinea un quadro chiaro e completo del fenomeno, corredandolo con riferimenti storici e analisi antropologiche.
In particolare, il libro dà conto dei notevoli progressi nel contrasto alla corruzione grazie sia allo sviluppo di una legislazione avanzata, capace di bilanciare repressione penale e prevenzione amministrativa all’interno di un sistema di regole coerente e organico, sia al ruolo e ai poteri penetranti esercitati dall’ANAC.
Tale complesso avanzato – impostosi qualche anno fa a livello internazionale come una best practice, al pari della legislazione antimafia − oggi necessita di essere sostenuto, completando e sistematizzando la strumentazione legislativa (senza indulgere a maldestri provvedimenti in nome di una malintesa semplificazione burocratica) e soprattutto incrementando presso la pubblica amministrazione, il ceto politico e i cittadini comuni la cultura della legalità. Senza di essa nessuna riforma di legge o attività di repressione appare in grado di contenere stabilmente questa piaga che affligge il Paese, impedendogli di essere normale.
Perché, come ricorda Cantone, «la corruzione è anche una malattia sociale, da contrastare con l’affermazione di un nuovo modello di cultura e di etica, in particolare di una cultura delle regole, del merito, dell’etica e della concorrenza, una svolta che deve vedere protagonisti tutti noi, perché il contrasto alla corruzione deve essere sentito non come un problema solo di magistrati e poliziotti, ma come un impegno che spetta a ciascuno».
L’AUTORE
Raffaele Cantone è in magistratura dal 1991. Dal 1999 al 2007 si è occupato di contrasto alla camorra come componente della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Napoli. Dal 2014 al 2019 è stato Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. Oggi è Procuratore della Repubblica a Perugia. Tra i suoi libri: I Gattopardi (Mondadori, 2010), Football Clan (Rizzoli, 2012), Il male italiano (con G. Di Feo, Rizzoli, 2015), Corruzione e anticorruzione (con E. Carloni, Feltrinelli, 2018), La coscienza e la legge (con V. Paglia, Laterza, 2019).