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Le mani del clan D’Alessandro sullo spaccio in penisola sorrentina: in 8 condannati a più di 50 anni di carcere

Le mani del clan D’Alessandro sullo spaccio in penisola sorrentina. Più di 50 anni di carcere sono stati comminati ieri mattina dai magistrati napoletani, nei confronti di 8 persone (tra cui quattro donne residenti a Gragnano) ritenute vicine alle organizzazioni criminali del territorio. A finire nei guai è stato anche Massimo Terminiello (42 anni, già condannato per altre reati e ritenuto vicino al clan D’Alessandro) che dovrà scontare 13 anni di carcere (rispetto ai 20 chiesti dal pm nella requisitoria).

Le mani del clan D’Alessandro sullo spaccio in penisola sorrentina

Queste invece le altre condanne, emerse dalla sentenza di ieri mattina: Colomba Breglia 14 anni, Enza Breglia 7 anni e 10 mesi, Luigi Gargiulo 8 anni e 5 mesi, Gabrella Ortu 8 anni e un mese, Valeria Carsana 2 anni e 10 mesi e Antonio Carfora un anno. Quest’ultimo è il figlio del ras Nicola, all’ergastolo per l’omicidio dell’imprenditore caseario Michele Cavaliere. E’ ancora latitante invece Vincenzo Di Martino, figlio di Leonardo (ritenuto a capo dell’omonima organizzazione malavitosa di via Iuvani, a Gragnano), a sua volta imputato nel processo.

L’attività d’indagine ha smascherato un fitto giro di spaccio di stupefacenti, che partiva da Castellammare di Stabia e Gragnano e andava a rifornire (grazie ai pusher legati ai clan) i locali della penisola sorrentina. Tra le figure principali di questa operazione, è sicuramente una figura di primo piano quella di Massimo Terminiello. Il 42enne è infatti ritenuto dagli inquirenti una figura di spicco del clan D’Alessandro di Castellammare. A fare scalpore in questa operazione è invece il ruolo delle donne, integrate nel sistema dello spaccio di sostanze stupefacenti sul territorio.

In 8 condannati a più di 50 anni di carcere

In passato, altre inchieste delle forze dell’ordine avevano portato alla luce l’interesse del clan D’Alessandro anche sulla movida della penisola sorrentina, attraverso giovanissimi insospettabili della zona. Al punto da imporre dj di propria fiducia nei locali della zona e pestando anche chi si rifiutava di sottostare ai diktat della cosca. Un business, quello della droga, particolarmente fiorente per i clan D’Alessandro e Di Martino, tra cui vige un patto di alleanza ormai decennale grazie ad un matrimonio tra le due famiglie.

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