Pompei, modello di fede e di carità. La profezia compiuta di un laico innamorato di Maria

“Pompei, modello di fede e di carità. La profezia compiuta di un laico innamorato di Maria”

Pompei, modello di fede e di carità. La profezia compiuta di un laico innamorato di Maria

In occasione della chiusura dell’Anno Giubilare Longhiano, celebrata il 26 ottobre 2023, l’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, ha inteso rivolgere alla Città e ai fedeli una Lettera intitolata “Pompei, modello di fede e di carità. La profezia compiuta di un laico innamorato di Maria”.

Il testo è introdotto dalle parole dello stesso Fondatore del Santuario, Bartolo Longo, che racconta, sulle pagine del periodico “Il Rosario e la Nuova Pompei” del 1924, il suo primo arrivo nella Valle desolata. Era l’ottobre del 1872. Il Beato raccontò di essersi commosso «dal grande abbandono religioso in cui erano questi villici» tanto da maturare l’idea di «ergere per essi una piccola cappella». «Più tardi, per diffondere fra questi contadini il Rosario – continuò nella sua memoria – facemmo venire da Napoli un’Imagine che non aveva nessuna bellezza artistica e che … giunse, per giunta, su di un carro di letame. Quando, a un tratto, il soprannaturale ci sorprende e ci sorpassa. Credevamo di essere i fondatori, diveniamo i primi spettatori attoniti dell’Opera di Pompei». Tutto quello che accadrà dopo non era inizialmente previsto dal Beato che, in una prospettiva di fede, si lascerà stupire dal disegno di Dio e dalla potenza dell’intercessione della Madonna che guiderà Longo nella fondazione del Santuario, delle Opere di Carità e della stessa Nuova Città di Pompei. Non a caso la Lettera dell’Arcivescovo si apre con un appunto che il Beato scrisse a matita lungo il margine destro del volume di Luigi Maria Grignion de Montfort, “Trattato della vera divozione a Maria Vergine”. Commentò: «Maria via a Cristo Gesù, ecco la ragione del Santuario di Pompei».

È nella presenza costante e tangibile della Madonna, invocata attraverso la recita del Santo Rosario, preghiera di pace, che una “chiesuola grezza”, per usare le parole dello stesso Beato, assume lo splendore di un Santuario e la fede inizia ad animare un’intera comunità che cresce giorno dopo giorno. Monsignor Caputo, ricordando le parole con le quali il Fondatore affermava che «la Vergine, da quella Valle diventata sua, “presentava agli uomini il Rosario”», rimarca: «Era questa, al suo cuore, la preghiera universale e perfetta, perché mentre alternava le più belle preci, insieme rievocava, con una sintesi originale e potente, tutta la vita di Gesù. E rievocava anche tutta la missione religiosa della Valle di Pompei: una missione di pace, perché era questa la parola-programma e anche la parola-sintesi che esprimeva, nella visione di Bartolo Longo, tutta la destinazione storica della Valle di Maria».

La vicenda esistenziale e l’opera di Longo sono la prova di come Dio cambi il mondo. «Tratto dopo tratto – ricorda il Prelato soffermandosi sull’importanza dell’Anno Giubilare – abbiamo, in un certo senso, visto rinascere la Nuova Pompei dalla desolazione e dall’abbandono della Valle al profilo sempre più marcato di una Città della fede e della carità, innestata nell’alveo di una modernità complessa e difficile, segnata da problemi del tutto inediti, e attraversata da crisi spesso drammatiche. Abbiamo potuto vedere finanche le pietre e i materiali con cui la Città è stata costruita. Niente è stato nascosto poiché tutto, nato dalla luce, è venuto spontaneamente alla luce. (…). Abbiamo visto così sorgere la “Nuova Pompei” attraverso gli occhi e il cuore del Fondatore e di coloro che gli sono stati accanto sin dall’inizio, a partire dalla Contessa Marianna Farnararo vedova De Fusco, sua futura consorte: fu grazie a lei che il Beato Bartolo Longo giunse qui, dove la Madonna lo chiamava a edificare il Santuario, le Opere di carità e la stessa nuova Città di Pompei». È nella storia che ci rimanda alle radici della Nuova Pompei che si ritrovano elementi utili a vivere l’oggi, accogliendo così la responsabilità di portare avanti il carisma del Beato. «Quest’Anno Giubilare – ha spiegato l’Arcivescovo – ci ha fatto volgere lo sguardo all’indietro per aiutarci a capire meglio il futuro. Potremmo dire che ci ha proprio messi sulla via del futuro, portandoci, per mano, dai tempi bui e incerti dell’arrivo del Fondatore verso gli orizzonti nuovi che si aprivano davanti alla sua opera e, soprattutto, alle sue Opere»

L’Anno Longhiano, dunque, non è stato vissuto nel solo ricordo del passato, ma come strumento per riconoscere e riaffermare l’identità di una comunità. Longo ha edificato due Santuari, quello della fede e quello della carità. Da un lato dunque la preghiera, dall’altro la cura dei più fragili. «Nella Nuova Pompei – rimarca Monsignor Caputo – ha operato la fede, che ha trovato in Bartolo Longo, un laico innamorato di Maria, il braccio e l’abbraccio di una carità senza limiti: quella che tuttora, nelle nostre Opere caritative, è sotto gli occhi e nel cuore di tutti. Senza i poveri da servire non si può comprendere Pompei, nel cui DNA sono inscritte queste lapidarie parole di Gesù: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). Offrire fede e carità vuol dire anche “coltivare la speranza” rendendola viva. L’Anno Giubilare Longhiano – sottolinea il Presule facendo il bilancio del tempo di grazia appena trascorso – è stato un «autentico tempo di rinascita spirituale. I pellegrinaggi in Santuario sono stati così numerosi che è difficile “misurare” gli afflussi. Abbiamo vissuto una profonda esperienza di fede condivisa da molte diocesi della Campania e di altre regioni italiane, guidate dai loro Pastori; da intere comunità religiose, maschili e femminili, e poi da gruppi, associazioni e movimenti ecclesiali. E ancora da migliaia di pellegrini provenienti dall’Europa e dal mondo intero. Ma i numeri non bastano. Il bilancio dell’Anno Giubilare sarà davvero positivo se i pellegrini, giunti a Pompei, abiteranno nel mondo, nei luoghi dove vivono la loro esistenza, da autentici convertiti annunciando il Vangelo dai tetti, ma ancora di più attraverso la propria testimonianza coerente, più potente delle parole».

Un Anno Giubilare che è stato evento di grazia per l’intero territorio e, in modo speciale, per i giovani che dovranno continuare a portare avanti, negli anni a venire, l’opera di Bartolo Longo ispirata dalle parole che, nell’ottobre 1872, udì nel suo cuore: «Se cerchi salvezza, propaga il Rosario». Il Prelato ha così esortato: «Dopo aver vissuto assieme, come comunità ecclesiale e civile, questo Anno Giubilare non possiamo non essere consapevoli del rinnovamento interiore a cui siamo stati chiamati. Dovremmo sentire, dentro il nostro animo, lo zelo che spingeva Longo, diventare protagonisti di quei cambiamenti che desideriamo avvengano attorno a noi. Siamo parte di una realtà amata da Dio in modo particolare e impreziosita dalla presenza viva e vitale della Vergine Maria, che proprio qui ha voluto che le fosse edificata una casa, il nostro splendido Santuario, dove ogni anno accorrono milioni di fedeli e pellegrini, e che sorgessero numerose Opere di carità dedicate ai poveri e agli emarginati».

Viviamo tempi «difficili e inquieti», nei quali la figura di Bartolo Longo è guida. «Sentiamo – ha scritto ancora Monsignor Caputo – che lentamente stiamo mettendoci alle spalle un periodo innaturale della nostra esistenza, quello della pandemia. Un periodo segnato da sofferenze e, in molti casi, da lutti. Ma, lo sappiamo bene, mentre sperimentiamo a piccoli sorsi il sapore della ripresa post-pandemia, continua con violenza la guerra nel cuore dell’Europa causata dall’invasione proditoria della Russia ai danni dell’Ucraina. Proprio quella guerra che, per noi europei, sembrava un flagello lontano e dimenticato. Alla crudeltà del conflitto occorre anche aggiungere l’amarezza di uno scontro tra cristiani. (…). La guerra, ancora tragicamente presente, dopo quasi due anni di aspri e sanguinosi combattimenti, richiama per Pompei la profezia della pace, quella pace che è elemento fondativo della nascita della città di Maria alla cui intercessione affidiamo i popoli della Terra Santa, martoriata in questi giorni da un nuovo e cruento conflitto».

            La risposta è nella “forza trasformatrice” del Rosario, che rese il Beato «apostolo di Cristo e di Maria, sua Madre, primo evangelizzatore della Nuova Pompei. È stata questa preghiera a dargli le forze e il dono della visione per una rinnovata stagione di annuncio e testimonianza del Vangelo. Attraverso il Rosario, il Fondatore è entrato nel vivo della realtà di un luogo da riscattare e di una comunità da costruire. Il Rosario gli ha spalancato tutte le strade, ha aperto la sua mente e illuminato il suo cuore in modo che il disegno della Provvidenza potesse compiersi. Neppure lui immaginava di poter andare così lontano e, soprattutto, aprire per l’antica Valle orizzonti ampi e di largo respiro. Nelle mani e nel cuore del Beato, il Rosario è stato l’elemento che ha azzerato per sempre i limiti e i confini di una città rimasta piccola solo nel territorio. Oggi Pompei parla al mondo e tutti la riconoscono dal suo alfabeto di base: il Rosario». Il Rosario è anche oggi voce per un «mondo scosso e impaurito».

Nell’opera di evangelizzazione e di carità la comunità di Pompei è chiamata a rendere testimonianza nel seguire il suo Fondatore. Osserva l’Arcivescovo: «C’è tanto da fare nella propagazione del Santo Rosario, nel restituire all’umanità quella spiritualità che spesso sembra aver perduto. C’è tanto da fare nel curare le ferite dei nostri fratelli più fragili, resi ancora più deboli dalle tante crisi del nostro tempo. Nel rimettere a fuoco il servizio e la testimonianza di Carità della Chiesa di Pompei sulle orme del Beato Bartolo Longo, non possiamo non sottolineare una dimensione, particolarmente importante in linea col pensiero del nostro Fondatore: nell’accogliere i fratelli, occorre ascoltarli in profondità, nella situazione in cui si trovano, nelle sfide che affrontano quotidianamente. È una carità che vede e ascolta l’altro; è un dono che punta a saziare il cuore di chi lo riceve; pone al centro i suoi reali bisogni».

Lo strumento migliore per l’annuncio è la testimonianza. Uno stile che, come insegna Papa Francesco, «ci fa entrare nell’anima del fratello per comprenderlo e condividere il suo dolore. (…). È lo stile che deve contraddistinguere le nostre Suore Domenicane “Figlie del Santo Rosario di Pompei” e le educatrici che si impegnano in Casa Emanuel per le mamme e i bambini e nel Centro Beata Vergine con i ragazzi e le loro famiglie. È lo stile che deve caratterizzare i Fratelli delle Scuole Cristiane con gli educatori nell’Istituto Bartolo Longo, quest’anno frequentato da circa 150 bambini e adolescenti. È lo stile che deve animare le Cinque Case Famiglie del Centro per il Bambino e la Famiglia Giovanni Paolo II e la Mensa Papa Francesco nell’offrire cibo e accoglienza ogni giorno a centinaia di poveri».

Una stretta relazione unisce spiritualità e azione. Non c’è opera senza cura dell’interiorità, senza la Parola di Dio, l’Eucarestia, la “conversazione nello Spirito” che fa aprire agli altri: «È un percorso da continuare insieme – afferma il Prelato – nel vivere il Sinodo della Chiesa universale a cui Papa Francesco chiama anche la porzione del Popolo di Dio che è a Pompei. Il “camminare insieme” possa diventare una realtà quotidiana e permanente nella nostra vita. Impegniamoci costantemente a dare profondità ai nostri rapporti, ad essere costruttori di fraternità nei nostri ambienti». Il modello di riferimento è la Madre, la Madonna del Rosario, che «conversa nello Spirito Santo».

«Maria – conclude l’Arcivescovo – conversa nello Spirito Santo quando, ancora oggi, è Lei ad accostarsi alle sofferenze dell’umanità per prenderle a cuore ed esercitare la sua misericordia. Il suo amore e la sua tenerezza sono senza tempo e senza età. Maria è più vicina che mai al nostro smarrimento, alle nostre angosce, alle domande che non trovano risposte se non nell’affidamento al suo cuore di Madre. Viviamo un tempo difficile e talvolta incomprensibile. Ma sappiamo di non essere figli del mistero, bensì di un Padre che è amore e di una Vergine che ha dato sé stessa per amore».

Infine l’augurio del Prelato perché «la nostra Chiesa di Pompei, seguendo l’esempio di Maria, in conversazione nello Spirito Santo, possa crescere ogni giorno e diventare sempre più una Chiesa che genera nelle anime Cristo, la vita divina, il principio di novità, di bellezza e di speranza per il nostro mondo».

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