Il Comune di Castellammare di Stabia sbaglia l’istanza: non è più parte civile nel processo “Cerbero” contro la camorra

I giudici del tribunale di Torre Annunziata hanno ritenuto inammissibile la richiesta presentata dall’Avvocatura di Palazzo Farnese, fortemente voluta dai commissari prefettizi anticamorra

Il Comune di Castellammare di Stabia sbaglia l’istanza: non è più parte civile nel processo

Il Comune di Castellammare di Stabia sbaglia l’istanza e non è più parte civile nel processo Cerbero, che vede alla sbarra 29 tra capi e gregari del clan D’Alessandro, ritenuto egemone nella città stabiese. I giudici del tribunale di Torre Annunziata hanno ritenuto inammissibile la richiesta presentata dall’Avvocatura di Palazzo Farnese, fortemente voluta dai commissari prefettizi anticamorra.

Il Comune di Castellammare di Stabia sbaglia l’istanza

Il motivo? Non rispetterebbe le novità, introdotte dalla riforma Cartabia, secondo cui non basta più indicare il capo d’imputazione, ma c’è bisogno di esporre in modo approfondito le ragioni che giustificano la richiesta di risarcimento danni nel processo penale. Ecco perché la richiesta è stata rigettata. E così il Comune non potrà difendere i cittadini stabiesi nel processo contro il gotha della camorra locale. Ma soprattutto, non potrà chiedere un risarcimento danni a boss e affiliati che, eventualmente, con il loro comportamento avrebbero arrecato danni d’immagine alla città.

Tra gli imputati del processo che hanno scelto il rito ordinario ci sono (tra gli altri) Michele D’Alessandro (figlio di Luigi e nipote dell’ex e defunto fondatore della cosca Michele), Teresa Martone (moglie dell’ex e defunto boss Michele, di recente scarcerata con l’esilio per 4 anni fuori dalla regione Campania), Antonio Rossetti ‘o guappone (tra gli esponenti di spicco della cosca di Scanzano) e altri colonnelli della cosca scanzanese. Le accuse spaziano dall’estorsione allo spaccio di stupefacenti, fino ovviamente all’associazione per delinquere di stampo camorristico.

Non è più parte civile nel processo “Cerbero” contro la camorra

Nel nuovo filone d’inchiesta, c’è spazio anche ai presunti rapporti tra la camorra e il mondo della politica stabiese. A tal proposito, nel capo d’imputazione si parla chiaramente “dell’ingerenza del sodalizio criminale nel settore degli appalti pubblici, con i D’Alessandro che interloquivano con gli esponenti politici di riferimento”. Ma dalla nuova inchiesta emergono nuovi particolari anche in merito all’attività estorsiva.

Secondo l’Antimafia, a Castellammare quasi tutti gli imprenditori e commercianti pagano il pizzo. Da 150 a 5mila euro. Nessuno osava ribellarsi alla legge del racket imposta dall’organizzazione malavitosa di Scanzano. Soprattutto i gestori di bar e locali in centro, nella zona della movida tra piazza Umberto I e il lungomare, costretti a pagare il pizzo agli uomini di Scanzano.

Donazione sostieni il Gazzettino Vesuviano