Castellammare, processo “Domino – bis”: arrivano le condanne

Fari puntati sull’ex scuola media “Catello Salvati”, chiusa nel 2010 e ancora oggi abbandonata, che era diventato il rifugio dei principali esponenti del clan

Castellammare, processo

Castellammare di Stabia: sette anni per Luigi D’Alessandro junior, 16 per Carmine Barba (alias o’turrese) e 2 anni e 4 mesi per Giovanni Izzo. Sono le condanne inflitte ieri sera in primo grado nei confronti dei tre legati al clan D’Alessandro, nell’ambito del processo Domino – bis, svoltosi presso il tribunale di Torre Annunziata. Per tutti l’accusa è di associazione a delinquere, nell’ambito di un procedimento che vede alla sbarra il gotha del clan scanzanese.

Castellammare, processo “Domino – bis”: arrivano le condanne

Rispetto alle richieste del pm, c’è stata una riduzione di pena per Luigi D’Alessandro (figlio del ras Pasquale), che passa dagli 11 anni richiesti ai 7. D’Alessandro junior è ritenuto dagli inquirenti un boss emergente della malavita stabiese. Dalle carte processuali è emerso che proprio il giovane rampollo della famiglia scanzanese aveva in dotazione le chiavi della scuola media “Salvati”, dove avvenivano i summit di camorra. Questo almeno è quanto emerso dalle dichiarazioni rese in aula da un rappresentante delle forze dell’ordine, che ebbe un ruolo importante nelle indagini che portarono all’operazione “Domino – bis”, con l’arresto di capi e gregari del clan D’Alessandro.

Sette anni per Luigi D’Alessandro junior

Fari puntati sull’ex scuola media “Catello Salvati”, chiusa nel 2010 e ancora oggi abbandonata, che era diventato il rifugio dei principali esponenti del clan. Nelle aule vuote dove fino al 2010 arrivavano i ragazzi del quartiere con le loro maestre, da tempo si svolgevano summit di camorra. Una scelta degli uomini del clan pensata per non essere controllati e intercettati. Sui muri dell’istituto abbandonato scritte anti Stato, come “andate via” e una stella inneggiante alle brigate rosse. Poi la firma del clan la “R” del rione Scanzano. Dalle varie fasi del processo è emerso che le chiavi le aveva Luigi D’Alessandro, il giovane che a 22 anni già sedeva al tavolo dei boss quando la cosca di Scanzano doveva prendere le decisioni importanti.

L’ultimo sopralluogo effettuato dai vigili consentì di scovare la roccaforte della droga all’interno della scuola, con due pitbull da combattimento all’interno dell’edificio. Un lager creato in un immobile comunale e lasciato lì per chissà quanti anni nel disinteresse generale. Gli inquirenti hanno messo sotto la lente, soprattutto l’attività illecita legata al traffico di droga, ma sono numerosi i reati contestati, a vario titolo agli indagati, tra cui l’associazione di stampo mafioso. In particolare, Carmine Barba (classe 1979, anche detto ’o turrese), è ritenuto esattore delle estorsioni, oltre che custode delle armi del clan, che – secondo i magistrati- avrebbe occultato in terreni attigui alla propria abitazione.

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