Estorsioni ad imprenditori di Castellammare di Stabia fino a 200mila euro. Il tutto, sotto la regia dei vertici dei clan D’Alessandro e Cesarano, che dettavano legge (e per certi versi lo fanno ancora) taglieggiando imprenditori e commercianti e inserendosi nel tessuto imprenditoriale della città stabiese. Sono 15 le persone a processo, accusate a vario titolo di aver imposto il pizzo e riciclato parte dei soldi in ditte di costruzioni.
Castellammare, estorsioni ad imprenditori fino a 200mila euro: 15 persone a processo
L’udienza è stata rinviata al prossimo gennaio, a causa dell’assenza di un componente del collegio giudicante. E sarà proprio all’inizio del nuovo anno che i giudici saranno chiamati anche a valutare se ci sono ancora i termini per accogliere l’istanza di costituzione di parte civile, avanzata dal Comune tramite l’Avvocatura. Grazie alle rivelazioni dei collaboratori di giustizia, la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ha ricostruito decine di episodi estorsivi commessi tra il 2006 e il 2017.
Dagli atti emergono estorsioni fino a 200mila euro, minacce per gli appalti, pestaggi, bombe e aziende intestate ai prestanome. Il tutto per un totale di ventiquattro capi di imputazione. In questo affare sarebbe coinvolto anche un minorenne, accusato di aver partecipato ad una richiesta di pizzo di 5mila euro ai danni di uno degli imprenditori vittime del sodalizio di Scanzano. Oltre ai nomi delle ditte schiave della legge del racket, spuntano 2 aziende edili che Liberato Paturzo, l’imprenditore di riferimento dei D’Alessandro, avrebbe provato ad intestare ad altri soggetti per sfuggire al rischio di possibili sequestri.
Udienza rinviata al prossimo gennaio
Un clima di terrore imposto per oltre un decennio da due clan, i D’Alessandro e i Cesarano, che si spartiscono il controllo criminale del territorio. Alla sbarra ci sono i vertici dei clan. A cominciare da Teresa Martone, vedova di Michele D’Alessandro padrino fondatore della cosca di Scanzano, che è ritenuta una degli elementi chiave di questa inchiesta. Alla sbarra con lei ci sono anche i figli Pasquale e Vincenzo D’Alessandro, entrambi liberi dopo aver scontato pesanti condanne e ritenuti dall’Antimafia ancora ai vertici della cosca di Scanzano.
A processo ci sono anche Sergio Mosca – suocero di Pasquale D’Alessandro – e Paolo Carolei, l’uomo che secondo le ricostruzioni investigative avrebbe favorito il patto tra Scanzano e il clan Di Martino di Gragnano, una quindicina di anni fa. “Il clan D’Alessandro è radicato da anni sul territorio – si legge in una recente relazione dell’Antimafia – e attraverso la sua forza intimidatoria riesce a imporre estorsioni, anche per svariate migliaia di euro, agli imprenditori. Talvolta senza nemmeno il bisogno di ricorrere a minacce”.