L’attività di spaccio del clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia è stata per diversi tempi nelle mani di Sergio Mosca (alias ‘o vaccaro), ritenuto elemento di spicco della cosca egemone a Castellammare. È quanto emerge dalle dichiarazioni rese in aula da un carabiniere che ha partecipato alle indagini, nell’ambito del processo “Domino”, che portò all’arresto di capi e gregari del clan con quartier generale nel rione Scanzano.
Castellammare, la droga e lo spaccio del clan D’Alessandro nelle mani di Sergio Mosca
In particolare, Mosca si sarebbe affidato a Nino Spagnuolo e Francesco Delle Donne (altri due volti noti nel panorama criminale stabiese) per eseguire l’attività di spaccio sul territorio. Secondo quanto sta emergendo dal processo dunque Mosca era a capo dei D’Alessandro. Toccava a lui decidere che accordi fare, quale piazza di spaccio autorizzare e finanziare il traffico di droga con la Calabria. Un ruolo al vertice della cupola, che aveva stretto un patto con la cosca Afeltra-Di Martino di Gragnano per rifornirsi direttamente dalla “Giamaica dei Monti Lattari”.
La testimonianza di un carabiniere nel corso il processo “Domino”
Una tesi che è stata confermata anche dal collaboratore di giustizia Renato Cavaliere: “Mi disse Vincenzo D’Alessandro che zio Sergio si era fatto vecchio, aveva le stesse amicizie del padre e se libero avrebbe potuto fare il responsabile del clan“. Una necessità dopo gli arresti dei figli del capo dei capi di affidare la reggenza a chi aveva le stesse amicizie di Michele. Un posto al vertice conquistato con la lunga affiliazione alla cosca di Scanzano e il matrimonio della figlia con Pasquale, con cui Mosca entra in famiglia dalla porta principale.
A Sergio Mosca si rivolgono Francesco Delle Donne e Nino Spagnuolo, quando si deve decidere se aprire una piazza di spaccio nel centro di Castellammare, dietro al mercato. Un’autorizzazione indispensabile in quanto toccava a Mosca fare rispettare il “patto di Scanzano”. Una cosca, quella dei D’Alessandro, che secondo l’Antimafia continua ad essere quella egemone nell’area per il controllo dei traffici illeciti. Una legge a cui nessuno poteva sottrarsi che prevedeva il controllo diretto delle piazze in cui erano vendute marijuana e cocaina con l’imposizione dei prezzi da parte del vertice della cupola. Un “sistema” studiato dai D’Alessandro per evitare che il clan alleato dei Lattari potesse inserirsi e prendere troppo potere.