A proposito della notizia riportata dai giornali circa il rinvenimento, qualche settimana fa, di murature antiche, stimate risalenti al I secolo dopo Cristo, avvenuto in quel di Bacoli, cittadina flegrea dalla storia immensa e straordinaria, vengono alla mente alcuni ricordi e riflessioni.
Cominciamo dai ricordi. Negli anni Settanta del secolo scorso, all’interno dei programmi che la televisione in bianco e nero ci ammanniva ogni giorno, anzi, ogni sera, alle 21.00 (alle nove) esatte, c’era Carosello e dopo i bambini andavano a letto. Carosello era un format, adesso si dice così, all’interno del quale passavano proposte pubblicitarie condite con scenette e canzoncine. Una di queste recitava che quel tipo di detersivo “lavava così bianco che più bianco non si può…”.
Oggi il format di notizie che scorre ogni giorno catturando l’attenzione degli italiani fa lo stesso. Se un contadino trova un cavolo – un cavolo! – un poco più grande della media, con foglie folte, arriva subito quello che ti fa il comunicato del “cavolo” – o sul cavolo -, talmente grande che più grande non si può. E non fa niente che la settimana dopo ne crescerà un altro … di cavolo, magari minuscolo: e allora tutti a dire “O anima, e che cavolo piccolo… grande! Straordinario!”. Ovviamente la nota vale anche per altri tipi di ortaggi quali zucchine, finocchi, carciofi e via elencando.
Ora, voi direte, dove cavolo, mo ci vuole, questa signora sta andando a parare. La signora, come detto all’inizio, va a parare sulle “scoperte” o altrimenti dette “rinvenimenti archeologici”. Qua, in Italia, in Campania, se esce una mezza crastulella il minimo che si sente dire che si è scoperto, eccccezzzzionalmente, un pezzo del sacro Graal, che poi sarebbe il bicchiere nel quale bevve Nostro Signore durante l’ultima cena.
“Dall’Alpi alle piramidi, dal Manzanarre al Reno” ovvero da nord a sud e da ovest a est tutto quello che esce da sotto terra è eccezionale, veramente. Ora è il turno di quei resti di una villa d’epoca romana uscita appunto in territorio di Bacoli e che i cronisti si stanno disputando come la villa dalla quale Plinio, il Seniore, vide l’eruzione del Vesuvio, nel 79 dopo Cristo, e dalla quale partì su una quadrireme per portare soccorso e aiuto a quelle genti, appizzandoci però la pelle.
Senza offesa alcuna ad alcuno, la domanda che viene spontanea è: perché questa sarebbe per davvero proprio “quella” villa? Quali indizi/certezze sono state trovate? Basta che affacci sul mare e che si veda in lontananza il Vesuvio per dire che si tratta di “quella” villa? L’archeologia è scienza esatta e gli studiosi, sempre, suffragano le loro ipotesi con elementi inoppugnabili per farle diventare certezze. Servirà ancora molto, a questo scavo, per dire che si tratta di quello dal quale è emersa la villa di Plinio il Vecchio. Per esempio… serve ritrovare un anello, un sigillo, con le iniziali del proprietario… un graffito tracciato da uno schiavo con un nome che riporti a Plinio.
In mancanza di questi elementi, tutto è aleatorio: potrebbe essere pure la villa di Nerone o una dependance della villa di Ponzio Pilato.
Il ritrovamento di una costruzione del I secolo dopo Cristo è di per sé un fatto certamente importantissimo perché aggiunge tasselli a un mosaico storico, scientifico e architettonico/artistico che non si finirà mai davvero di ricomporre. Ma serve di più, molto, per classificarlo e riconoscerlo per qualcosa che appartiene a Tizio o a Caio. Altrimenti, l’archeologia dal secondo secolo avanti Cristo al secondo dopo cristo sarà ancora una volta “secondo me e secondo te”.
Lora Vascivati