I legali difensivi di Gaetano Vitale e Giovanni Savarese chiedono l’assoluzione dei loro assistiti, già condannati in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Raffaele Carolei di Castellammare di Stabia. Si è svolta, presso la Corte d’Appello di Napoli, una nuova udienza del processo di secondo grado. Processo che è stato aggiornato al prossimo 6 febbraio, quando potrebbe uscire la sentenza.
Castellammare, l’omicidio di Raffaele Carolei
Nell’arringa, l’avvocato Carlo Taormina ha chiesto l’assoluzione di Vitale e Savarese, facendo leva sulla presunta “inattendibilità dei collaboratori di giustizia, che hanno riscostruito le fasi dell’efferato omicidio di Carolei”. Secondo la difesa, la criminalità organizzata avrebbe creato falsi pentiti “per liberarsi degli avversari nelle attività delittuose o per vendicarsi di aggressioni subite”.
Determinanti ai fini del processo sono state finora le dichiarazioni rese dai pentiti Pasquale e Catello Rapicano, fratelli, per anni esponenti di spicco del clan D’Alessandro. Adesso c’è attesa per la sentenza del prossimo 6 febbraio. In primo grado Vitale e Savarese furono condannati all’ergastolo. Per l’Antimafia, Raffaele Carolei fu attirato in una trappola. Era convinto di dover trattare l’acquisto di una partita di marijuana.
Chiesta l’assoluzione per Gaetano Vitale e Giovanni Savarese
Invece stava andando a morire. Strangolato dai suoi soci d’affari con una corda al collo, caricato in un sacco della spazzatura nel bagagliaio di una macchina e poi fatto sparire chissà dove. È morto così Raffaele Carolei, ex uomo di punta del clan Omobono-Scarpa e cugino del super boss del clan D’Alessandro, Paolo Carolei, attualmente libero. Morto di lupara bianca in nome di una guerra che da oltre un decennio tiene in scacco la città. Per 9 anni la sua storia è rimasta un mistero irrisolto.
Carolei è sparito nel nulla il 10 settembre del 2012. Ma secondo le indagini coordinate dal pubblico ministero dell’Antimafia Giuseppe Cimmarotta, non è sparito. Lo hanno ucciso i sicari del clan D’Alessandro per vendicarsi degli omicidi di Giuseppe Verdoliva, autista e braccio destro del padrino Michele D’Alessandro e di Antonio Martone, cognato del capoclan: entrambi furono ammazzati nel 2004.