Sant’Antonio Abate, il cippo artistico emoziona la comunità

L’accensione del "fucarazzo di Sant’Antuono" commuove, con la lettera aperta del Sindaco dedicata al paese: "Hai cercato la tua luce e non ti sei rassegnato a rimanerne senza".

Sant’Antonio Abate, il cippo artistico emoziona la comunità: il racconto di anni di storia, fra folklore e religione 

A Sant’Antonio Abate, in provincia di Napoli, l’accensione de “’o cippo ‘e Sant’Antuono” non è solo un fuoco nella notte. Ogni fiamma racconta una storia, un pezzo dell’eredità culturale che arde nel cuore della comunità. In quel bagliore, non si vede solo legna che brucia, ma la fierezza e la pienezza espressiva dei tempi passati, che vivono e commuovono ancora dopo trascorsi cento anni.

Il Cippo Abatese racconta anni di storia, fra folklore e religione

Nella devota provincia di Napoli, il Cippo Artistico si trasforma ogni 16 gennaio in uno spettacolo di folklore e religione, giungendo quest’anno alla sua quarta edizione. L’evento, ha visto la partecipazione attiva dell’Associazione “Napoli è” e del direttore artistico, Pasquale D’Aniello, nella costruzione di un’imponente pira alta circa 14 metri, composta da legna, fascine e ciocchi, così come accadeva un tempo.

I festeggiamenti prendono avvio con momenti di folklore: i bambini sono introdotti alla tradizione attraverso un corteo, assistono all’incisione del “bastone dell’immortalità”, si emozionano con una canzone dal vivo, scritta e prodotta per la stessa comunità di Sant’Antonio Abate. Il falò, si trasforma poi in un incantevole spettacolo di fuochi pirotecnici, a tempo delle note di “Nessun dorma (Vincerò)” di Pavarotti: non solo un tributo al Santo ma anche un messaggio di speranza e rinascita per il paese, un augurio di nuovi inizi e trionfi.

I ragazzi del Centro Parrocchiale affrontano la paura del buio

Un testo che esplora il tema della paura del buio, simboleggiando le insicurezze umane, è stato letto da due giovani voci del Centro Parrocchiale Santa Maria Rosa Nova. Iniziando con le parole: “Noi siamo qui perché da piccoli avevamo paura del buio…“, hanno esplorato come questa paura primordiale si evolva nel corso della vita. Da una realtà fisica e concreta nell’infanzia, essa si trasforma in metafora delle complessità e incertezze dell’esistenza adulta. Il “buio” diventa un’espressione delle relazioni umane complicate, del dolore e delle insicurezze interne, simboleggiando conflitti interni e relazioni tossiche.

Tuttavia, il testo conclude con un messaggio di speranza, sostenendo che, nonostante le paure e le sfide, esiste la possibilità di trovare la luce, la gioia e la pace interiore: “Sai perchè siamo qui? – concludono i ragazzi – Perché una scintilla di speranza incendi il nostro cuore troppo buio, perché impariamo a vivere senza avere paura di quello che siamo… La luce è dentro di noi”. La speranza e la ricerca di questa “luce” diventano il fulcro centrale, con l’esempio del Santo Antonio Abate che è riuscito a sconfiggere i demoni interiori per scoprirne la luce.

Il Sindaco commuove la comunità con una lettera aperta

In questo evento, il paese viene narrato come un entità vivente, con una storia lunga decenni e un’identità forgiata dal tempo e dalle persone. Se i ragazzi del Centro Parrocchiale hanno invitato gli uomini a non aver paura del buio, il Sindaco di Sant’Antonio Abate, Ilaria Abagnale, ha voluto parlare al suo paese natio: “Caro mio paese – legge il Sindaco – è a te che ora mi rivolgo, perché ho imparato a conoscerti e so che anche tu hai cercato la tua luce e non ti sei rassegnato a rimanerne senza. Ti sei troppo legato a ciò che ti è mancato, ti sei troppo abituato a tremare, a pensare all’imminenza del buio. Eppure – continua – oggi non sei più quel semplice paese, ma un luogo ideale, dove rifugiarsi, per ritrovare insieme agli altri, il meglio di te stesso”.

Una lettura fatta ai piedi del piccolo ‘cippo’ realizzato dai bambini, nel quale il Sindaco vi lascia la lettera bruciare: “Voglio regalare al fuoco un augurio che faccio a te – afferma – affinché si trasformi nella tua realtà: resta, non muoverti. La tua natura è restare, è prendere la forma che la storia e gli uomini ti sanno dare. Adesso la tua forma mi piace – continua – trovo che sia unica. Unica quanto tutte le persone che ora pregano, insieme a me, affinché tu possa essere sempre più felice, sempre più sano, sempre più bello.

Sarai sempre qualcosa – conclude – e questo io ora lo so bene, perché io sono di passaggio ma tu sei infinito. Questo fuoco è per te e noi insieme, per le nostre origini, la nostra appartenenza, la nostra identità. Ti auguro il meglio che avrai da offrire“. Un desiderio per il futuro del paese che non è passato inosservato agli spettatori che, commossi, hanno condiviso l’augurio con un grande e animato applauso.

Sant’Antonio Abate, il cippo artistico emoziona la comunità: il racconto di anni di storia, fra folklore e religione I bambini, riuniti in corteo, donano al falò fascine e ciocchi

Le tradizioni non muoiono mai, cambiano, si evolvono, passando di generazione in generazione. Coinvolgere i bambini in un momento spirituale come quello dell’accensione, rappresenta un elemento fondante per il senso delle cose, permette a ciò che si fa di restare anche dopo l’immediato presente.

Quando si insegna ai più piccoli a toccare con mano una tradizione, si permette loro di sentire sensazioni simili a quelle provate alle origini o comunque nel passato. Osservare bambini partecipare al corteo composto da Istituzioni, figuranti e centinaia di cittadini, per donare le proprie fascine al piccolo cippo – che ha anticipato quello artistico – ha significato l’inizio di ciò che, alimentato con la ricorrenza degli anni, diventa grande: il patrimonio culturale che avranno da custodire.

Il suono della campana ha connesso Fede e comunità

Quando si parla di nuovo inizio per il paese, il rintocco della campana esprime i sentimenti del popolo di Dio, quando, riunendosi nello stesso luogo come quello sede di evento, manifesta la sua unità nell’unico Signore. Anticamente, il suono avvisava i contadini nei campi e tutta la popolazione che era giunta l’ora di ritornare alle proprie case e consumare il loro frugale pasto all’ombra di un filare, preceduto da un attimo di silenzio in piedi con il cappello di paglia in mano, rivolti verso la Chiesa.

Quest’anno, l’Associazione “Napoli è” – organizzatrice dell’evento – ha deciso di rendere omaggio a questa tradizione secolare, installando una campana accanto al cippo. Suonata per simboleggiare l’inizio di un nuovo giorno e di un nuovo anno per Sant’Antonio Abate, ha marcato solennemente gli intervalli tra i vari avvenimenti pianificati per la cerimonia dell’accensione.

Prodotta, a sei mani, una canzone d’autore per il popolo abatese

Pasquale D’Aniello, artista abatese, nonché direttore artistico del fucarazzo, ha scritto un testo che parla della sua Sant’Antonio Abate, che sorge all’ombra di un castello. Una canzone profonda, che ha scelto di intitolare “Vieneme ‘a truvà”. Una melodia dolce e a tratti malinconica, per la quale ha scelto l’interpretazione di una voce femminile (e abatese), quella di Jessica D’Antuono. Prodotta da Gianfranco Bozzaotre, anch’egli abatese, la canzone invita il Santo Antonio Abate “a far visita alla comunità, per raccontargli tante cose belle, ma soprattutto per regalare pace, gioia e serenità a tutti gli abitanti”.

In conclusione, nella rappresentazione artistica di una tradizione tramandata per anni, il paese di Sant’Antonio Abate ha dato vita ad un momento in cui il tempo è sembrato fermarsi, dove tutti si sono immersi in quella magia che unisce il passato al presente, le speranze ai ricordi. In quell’incandescente abbraccio, ogni scintilla è una promessa di rinnovamento e speranza, come se ogni anno, attraverso quel fuoco, la comunità avesse la possibilità di rinascere, di purificarsi dalle ceneri del passato. Un legame che unisce attraverso i secoli, un calore che va oltre il fuoco, un ricordo che brucia eterno nello spirito comune e un Sindaco, che vuole bene al suo paese.

Sofia Comentale

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