Caustico e disilluso Italo Cucci oggi Direttore Editoriale dell’Agenzia di Stampa Italpressa ha così commentato la Supercoppa italiana, non risparmiandone per nessuno, in primis per la Lega che svende il calcio italiano e con la direzione arbitrale.
“Dopo dodici anni Mazzarri rivive una notte di rabbia. Da Pechino 2012 con l’indimenticato Mazzoleni a Riyadh 2024 con il dimenticabile Antonio Rapuano. Che da oggi avrà una sua storia, una sua notorietà dovuta a un arbitraggio non oculato ma ingiusto. Obiettivo Simeone, ammonito senza colpa evidente al 55′, espulso dopo cinque minuti per un intervento su Acerbi. E addio Napoli, costretto solo a difendersi. Dico per la prevista sconfitta finale, arrivata con Lautaro al 91′ eppure contrastata con coraggio e forza da una buona squadra dall’orgoglio ritrovato. Naturalmente l’Inter vanta un’altra vittoria che conta, ammesso che i moralisti – interisti a parte – vogliano attribuire un valore alla Supercoppa arabeggiante. Per i maligni, vittoria assicurata.
L’Inter è l’Inter, anche gli arabi conoscono le figurine dei suoi protagonisti mentre il Napoli, dài, cosa pretendeva che è andato lì addirittura senza Osimhen e s’è comunque portato a casa quattro milioni. Cosa vuole De Laurentiis con quell’aria vagamente nauseata? E cosa vuole Mazzarri in versione piangione – mica piangina – al quale hanno rubato un uomo decisivo costringendolo a cercare di arrivare ai rigori con il coltello fra i denti.
Ecco, mediti DeLa: qualcuno vuole riprovincializzare il suo Napoli. Da Riyadh deve ripartire il club che fino all’estate scorsa non era più un miracolo ma una fabbrica di gol e di successo. Va pur detto che la vittoria dell’Inter ha dato un sapore internazionale a una partita che di esotico – come si sperava – non ha avuto nulla.
Gli arabi potranno godersi prime pagine e tiggi reboanti pagando un biglietto tutto sommato poco costoso, meno dello stipendio di Mbappè.
Perdonatemi, a questo punto, se mi concedo un’evasione sentimentale ricordando Gigi Riva che se n’è andato: un campionissimo perduto, un amico eroe che per potenza e classe, per i silenzi cantatori mi ha fatto pensare a Fausto, l’altro e unico superlativo. Mi lasciano i compagni di viaggio con i quali ho condiviso le stagioni più belle del calcio nostrano, campionato e Nazionale, fino a quella notte di Messico ’70 che – com’è scritto all’Azteca – ci fece diventare, i più belli del mondo. Gigi stava per entrare nel club degli ottantenni che conservano memorie preziose di un calcio che fu“.