Il Tribunale di Torre Annunziata ha emesso una sentenza che impedisce all’ex sindaco di Castellammare di Stabia, Gaetano Cimmino, di ricandidarsi alle prossime elezioni amministrative, fissate per la primavera. La decisione è stata presa in seguito allo scioglimento del consiglio comunale nel febbraio 2022 a causa di presunte infiltrazioni camorristiche.
Castellammare, arriva il giudizio sulle incandidabilità
La sentenza estende l’incandidabilità anche agli ex assessori Fulvio Calì e Giovanni Russo, così come all’ex presidente del consiglio comunale Emanuele D’Apice. Quest’ultimo era già stato al centro dell’attenzione mediatica in passato, avendo elogiato pubblicamente il padre, deceduto e precedentemente condannato per presunte connessioni con il clan camorristico Cesarano, nel suo discorso di insediamento.
Il Tribunale, presieduto da Marianna Lopiano con il giudice relatore Maria Rosaria Barbato, ha escluso invece dall’incandidabilità i nomi degli altri dieci esponenti politici menzionati nella relazione della commissione d’accesso che aveva condotto allo scioglimento del consiglio comunale.
Quattro ex amministratori non potranno partecipare alle prossime elezioni
Tra le figure che possono ancora partecipare alle elezioni del prossimo giugno, troviamo Antonio Cimmino, Annamaria De Simone, Sabrina Di Gennaro, Barbara Di Maio, Eutalia Esposito, Antonella Esposito, Francesco Iovino, Vincenza Maresca, Giovanni Nastelli, Catello Tito.
Commentando la sentenza, Emanuele D’Apice ha dichiarato: “Le sentenze si rispettano e non si commentano. In questo caso, mi colpisce umanamente e mi provoca profondo dolore. Si possono appellare, considerando tutte le contraddizioni di una vicenda che avrebbe dovuto rimanere personale. Rammarico per come è stata strumentalizzata diventando una questione istituzionale, politica e mediatica, difficile da dimenticare dopo una vita esemplare e sempre corretta”.
“Sono grato perché finalmente la verità sta emergendo”
“È giusto, com’è giusto riflettere. – ha commentato l’ex sindaco Gaetano Cimmino – È chiaro che dovevamo essere più vigili, e l’argine che avevamo fissato, purtroppo, non è stato sufficiente, secondo quanto affermato dalla magistratura. Era necessario prestare molta più attenzione agli atti dei dirigenti. Questa lezione deve essere un monito per i prossimi amministratori di Palazzo Farnese. Sono grato perché finalmente la verità sta emergendo, e desidero ringraziare la magistratura: non c’è nessun addebito, alcuna connessione né relazione che possa associare il mio nome e la mia persona alla criminalità organizzata.
Ero convinto di aver fatto tutto ciò che era nelle mie possibilità, ma evidentemente non è stato abbastanza. Questa riflessione si estende anche a politici e membri della società civile: quanto potere ha veramente un sindaco? Dobbiamo costruire nuovi strumenti, apriamo una seria discussione. Auspico una modifica della legge che delinea il confine tra abuso d’ufficio e omissione in atti d’ufficio. Soprattutto nei territori come il nostro, in cui gli Enti locali e i sindaci hanno bisogno di maggiori risorse e controlli per garantire la corretta gestione”.