Cos’è il Doriforo di Stabia? Partiamo da quanto accaduto ieri nel corso del press briefing riguardante le collaborazioni tra la Procura di Torre Annunziata e il Parco Archeologico di Pompei.
Cos’è il Doriforo di Stabia, la storia e la “lite” col Museo di Minneapolis
Argomenti generali dell’incontro sono stati: le nuove scoperte rinvenute a Villa dei Misteri a seguito dell’abbattimento di un’abitazione abusiva sopra la parte non scavata della villa antica; l’evoluzione delle indagini sul complesso Civita Giuliana; gli aggiornamenti riguardanti la copia romana del Doriforo di Policleto rinvenuta a Castellammare e oggi al Museo di Minneapolis. Ad intervenire, il Procuratore della Repubblica di Torre Annunziata Nunzio Fragliasso e il direttore del Parco archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel.
Per quanto concerne il Doriforo di Stabia, il Procuratore Fragliasso ha evidenziato come si tratti di una vicenda di cui non si parla mai abbastanza. Essendo una priorità non soltanto della Procura, ma anche del Ministero della Cultura, è importante informare l’opinione pubblica perché essa possa, legittimamente, farsi sentire dalle autorità.
“Stop ai prestiti negli Stati Uniti, è importante che se ne parli”
Fragliasso ha introdotto la vicenda riguardante il Doriforo di Stabia definendolo come una copia romana dell’originale di Policleto ancora più bella e più importante di quella esposta al Museo archeologico nazionale di Napoli. Ricostruendo la storia dell’opera, ora al museo di Minneapolis dove è stata esportata clandestinamente, il Procuratore ha ricordato la prima indagine riguardante il sequestro della statua, avviata negli anni ’80 dalla Procura di Napoli. Il Doriforo all’epoca era esposto, come riportato da fonte certa, Monaco di Baviera come “Doriforo di Stabia”.
La statua sarebbe stata esportata all’estero scomposta in quattro pezzi da un trafficante internazionale di reperti archeologici, Elie Borowski: le foto della statua scomposta circolarono anche sui canali Rai scatenando una rilevante polemica da parte dell’opinione pubblica. Lo stesso Borowski scrisse una lettera in cui ammise che quelle foto erano state scattate dal suo segretario. Il Doriforo fu dunque sequestrato dal procuratore di Monaco di Baviera per poi sparire nel nulla prima che fosse rinvenuto al museo di Minneapolis.
Ben consapevoli della provenienza illecita dell’imponente statua
L’intervento di Fragliasso si è concentrato sull’assenza della buona fede dei legali rappresentanti del museo di Minneapolis i quali, stando alle numerose prove in possesso della Procura di Torre Annunziata, erano ben consapevoli della provenienza illecita dell’imponente statua in marmo pentelico.
Il tutto è documentato da un carteggio proveniente proprio dagli Stati Uniti il cui invio risale alla prima rogatoria, anteriore a quella del procedimento odierno. Sul carteggio, risalente al 1976 e precedentemente non evidenziato a sufficienza, si sono concentrate le indagini, dalle quali è emerso che la statua provenisse effettivamente dalla terra e non dal mare, come ufficialmente sostenuto da Borowski. Tale dato, testimoniato anche da una perizia effettuata sulla statua dalle autorità tedesche datata 11 settembre 1984, è estremamente importante, in quanto conferma la sua provenienza da scavi clandestini.
Come sottolineato dallo stesso Fragliasso, “la legge afferma che i reperti rinvenuti in uno stato appartengono a quello stato: l’esportazione all’estero di beni archeologici rinvenuti in un determinato stato è un reato che comporta la confisca anche in assenza di condanna”. L’auspicio resta dunque quello di riportare in Italia la statua del Doriforo di Stabia, facendo sì che la vicenda non sia più coperta dal silenzio assordante che la investe da davvero troppo tempo.
Anna Rega