Il processo “Tsunami” contro la camorra di Castellammare di Stabia ha preso il via nelle scorse ore. Le udienze, dopo quasi due anni di preparazione, promettono di svelare gli intricati intrecci del racket che ha terrorizzato la città tra il 2007 e il 2010, quando il clan D’Alessandro seminava terrore e violenza per le strade.
Castellammare, al via il processo “Tsunami” contro la camorra
Nell’ambito del procedimento è stato ascoltato Renato Cavaliere, ex killer della cosca dei D’Alessandro oggi collaboratore di giustizia, il quale ha raccontato di un imperativo impartito dal boss Vincenzo D’Alessandro agli esattori del pizzo: “Si devono mettere in regola“. L’ordine aveva lo scopo di estendere il racket anche alle aziende coinvolte nei subappalti presso lo stabilimento di Fincantieri.
Secondo le dichiarazioni di Cavaliere, il clan D’Alessandro ha imposto estorsioni a una ditta che aveva eseguito lavori edili all’interno di Fincantieri. “Ho ritirato 60mila euro in due volte, ho trattenuto 10mila euro che ho diviso con gli altri”, ha spiegato il collaboratore di giustizia, già condannato per questi fatti nel 2021, menzionando anche la partecipazione di Vincenzo Ingenito e Salvatore Belviso.
Ascoltato il collaboratore di giustizia Renato Cavaliere
Inoltre, il clan avrebbe richiesto il pagamento del 5% del valore dei lavori a un professionista, un ingegnere che operava nei cantieri nella zona di Scanzano. “Fece una ristrutturazione vicino casa di Enzo D’Alessandro”, ha precisato Cavaliere.
Il processo vede come parti civili il Comune di Castellammare di Stabia, Fai Antiracket ed Sos Impresa. Tra gli imputati figurano elementi di spicco del clan D’Alessandro, come Vincenzo D’Alessandro e Paolo Carolei, attualmente liberi, e Vincenzo Ingenito e Antonio Occidente, già in carcere per altri reati legati alla camorra.