Le scommesse e il clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia. Un binomio che da anni va insieme di pari passo e che, ieri mattina, è stato al centro di una nuova operazione delle forze dell’ordine. Sono 7 le persone arrestate, ritenute gravemente indiziate (a vario titolo) dei reati di associazione per delinquere oltre che di trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio ed estorsione, aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare l’associazione camorristica del rione Scanzano.
Castellammare, clan e scommesse: i retroscena dell’inchiesta dell’Antimafia
In particolare, dalle investigazioni sarebbe emersa un’attività di sistematica raccolta illecita di scommesse e l’acquisizione di illeciti proventi anche mediante internet-point ed agenzie. A tal proposito, sei punti scommesse sono stati sequestrati tra Castellammare e Sant’Antonio Abate: all’interno erano sistemati anche i totem clandestini per effettuare le scommesse. Tra i sette arrestati figura anche Michele D’Alessandro junior, classe 1992, figlio di Luigi e nipote omonimo del defunto capoclan di Castellammare di Stabia.
In manette sono finiti anche Roberto Di Somma (37 anni), Armando Barretta (25), Rodolfo D’Apuzzo (33), Matteo Di Lieto (35), Ugo Lucchese (61) e il figlio Antonio Lucchese (41). Sono indagati invece a piede libero Pasquale Vingiani (63 ann), Raffaella Vitale (32), Maria Polito (44), Daniele Ridosso (48), Raffaele Ruocco (24), Vincenzo Tommasino (33), Giuseppe Filosa (61), Rosa Landofli (61), Alessandro Napodano (33) e Giuseppe Oscurato (32). Sono tutti residenti a Castellammare. Dalle indagini è emerso che le agenzie di scommesse erano intestate a tossicodipendenti e disoccupati, a cui la camorra dava 5 euro al giorno per fare da prestanome.
Tutti gli indagati, in manette Michele D’Alessandro junior
Agenzie aperte per riciclare i proventi illeciti frutto di scommesse clandestine e delle estorsioni. Le indagini sono state coordinate dalla Guardia di Finanza di Torre Annunziata (comandante colonnello Gennaro Pino) e dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Dagli accertamenti, è emerso che nelle attività commerciali del clan finivano anche i proventi del “pizzo” imposto ai commercianti stabiesi, come le estorsioni documentate in occasione del Natale 2021: i D’Alessandro imponevano il racket chiedendo ai negozianti denaro per i detenuti in cambio di gadget e materie prime per il commercio (buste e imballaggi), che spesso però neppure consegnava.
Il pizzo nei confronti dei negozianti era così giustificato da finti acquisti di beni necessari per attività commerciale delle vittime, che in realtà spesso non hanno nemmeno ricevuto la merce.Le agenzie di scommesse si avvalevano invece della collaborazione di broker – sia italiani, sia stranieri – delegati alla raccolta delle puntate clandestine che il clan D’Alessandro riciclava nelle sue attività imprenditoriali fittiziamente intestate a prestanome.
Gli indagati
- Roberto Di Somma, 36 anni
- Armando Barretta, 24 anni
- Michele D’Alessandro, 31 anni
- Rodolfo D’Apuzzo, 32 anni
- Antonio Lucchese, 41 anni
- Matteo Di Lieto, 34 anni
- Ugo Lucchese, 62 anni
- Giuseppe Filosa, 60 anni
- Rosa Landolfi, 60 anni
- Alessandro Napodano, 32 anni
- Giuseppe Oscurato, 31 anni
- Maria Polito, 44 anni
- Daniele Ridosso, 46 anni
- Raffaele Ruocco, 23 anni
- Vincenzo Tommasino, 33 anni
- Pasquale Vingiani, 62 anni
- Raffaella Vitale, 31 anni