È l’8 marzo e ci siamo dimenticati delle donne afgane.

Le donne afghane vivono in condizioni estremamente difficili, soggette a restrizioni severe imposte dal regime dei talebani

È l'8 marzo e ci siamo dimenticati delle donne afgane.

Sono trascorsi quasi due anni dall’inaspettato ritorno dei talebani al potere in Afghanistan, mettendo fine a due decenni di guerra e riportando il paese esattamente allo stesso punto di partenza. La decisione degli Stati Uniti di ritirare le loro truppe dall’Afghanistan ha aperto la strada al rapido avanzare dei talebani, che in pochi giorni hanno occupato Kabul e proclamato la nascita dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan.

È l’8 marzo e ci siamo dimenticati delle donne afgane

Le immagini delle persone disperate che cercavano di fuggire dal paese rimarranno nella memoria di molti. Molte si sono aggrappate ai carrelli degli aerei in partenza, sperando di trovare una via di fuga, solo per precipitare tragicamente a terra una volta che gli aerei hanno preso quota. Ancora più commoventi sono state le immagini delle madri che chiedevano ai soldati di portare via i loro bambini con loro.

Per alcune settimane, l’attenzione del mondo è stata concentrata sul dramma dell’Afghanistan, con particolare enfasi sulle condizioni delle donne sotto il regime dei talebani. Si prometteva che non ci saremmo dimenticati, eppure sembra che sia esattamente ciò che è accaduto. Sono passati quasi due anni e nessuna voce tra politici, influencer e opinionisti si è alzata per ricordare il dramma che milioni di donne afghane continuano a vivere ogni giorno. Ancora peggio, pochissimi sono stati gli interventi concreti a loro favore.

L’emancipazione femminile sembra interessare solo i Paesi del cosiddetto “primo mondo”

Le donne afghane vivono in condizioni estremamente difficili, soggette a restrizioni severe imposte dal regime dei talebani. Non possono mostrarsi in pubblico da sole e devono sempre tenere coperto il volto. Le bambine oltre i 12 anni di età sono spesso costrette a interrompere gli studi. Il fondamentalismo islamico dei talebani ha creato una sorta di “apartheid di genere”, escludendo le donne dalla vita pubblica e imponendo una segregazione di genere.

Nonostante l’indignazione iniziale della comunità internazionale, il mondo sembra essersi dimenticato delle donne afghane, lasciandole sole a fronteggiare una situazione sempre più disperata. È un segno preoccupante che il progresso dell’emancipazione femminile sembri interessare solo ai Paesi del cosiddetto “primo mondo”. Tuttavia, l’unica speranza risiede nelle stesse donne afghane, che, nonostante l’abbandono da parte nostra, continuano a lottare per resistere.

Michele Mercurio

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