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La fine della fame nel mondo: una tassa del 5% sul patrimonio dei ricchi “Paperoni”

La fine della fame nel mondo: una tassa del 5% sul patrimonio dei ricchi “Paperoni”

Foto Oxfam

Come porre fine alla fame nel mondo? Secondo l’ultimo rapporto dell’Oxfam sarebbe possibile raggiungere questo obiettivo con una tassa che arrivi fino al 5% del patrimonio dei multimilionari e miliardari (i super ricchi) che sono attualmente presenti nei paesi del G20. Verrebbero così raccolti circa 1,5 trilioni di dollari ogni anno, una mossa sufficiente per mettere un termine definitivo alla fame mondiale.

Una modesta imposta patrimoniale fino al 5% sugli individui più ricchi del G20 potrebbe fruttare quasi 1,5 trilioni di dollari all’anno“, scrive l’Oxfam (Oxford Committee for Famine Relief).

“Si tratterebbe di una misura utile per aiutare i paesi a basso e medio reddito ad adattarsi ai cambiamenti climatici e riportare il mondo sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG – Sustainable Development Goals, ndr.) delle Nazioni Unite”, spiega sempre l’Oxfam. Questa operazione lascerebbe sul piatto più di 546 miliardi di dollari, fondi che potrebbero essere utilizzati per investimenti nei servizi pubblici, determinanti per contrastare la disuguaglianza.

Aliquote fiscali diminuite per i percettori di reddito più ricchi

Un’altra informazione che ci arriva dalla Confederazione Oxfam International riguarda la quota di reddito nazionale e le aliquote fiscali dei possidenti i redditi più ricchi: l’1% dei percettori più ricchi nei paesi del G20 ha visto le aliquote fiscali massime sul proprio reddito diminuire di circa un terzo negli ultimi decenni, mentre la loro quota di reddito nazionale è aumentata del 45%; le aliquote fiscali (quelle più alte) invece sono addirittura diminuite di circa un terzo, sono passate dal 60% del 1980 al 40% del 2022.

“In un paese dopo l’altro, la guerra all’equa tassazione ha coinciso con una guerra alla democrazia, mettendo più denaro e potere nelle mani di una piccola élite che alimenta la disuguaglianza. Mentre i ministri delle finanze delle più grandi economie del mondo si riuniscono questa settimana, questo Il dibattito è al centro della scena: riusciranno a rivendicare le loro democrazie tassando i super-ricchi?”, ha affermato alcune settimane la direttrice esecutiva di Oxfam Brasile Katia Maia.

Ma anche altri dati, diffusi dall’organizzazione non profit, ci hanno impressionato: a fronte di 8 centesimi che vengono raccolti dalle tasse sulla ricchezza (8 centesimi su 1 dollaro) legate alle entrate fiscali dei Paesi del G20, 32 centesimi provengono invece dalle tasse sui beni e sui servizi (32 centesimi su 1 dollaro), pertanto è palese la sproporzione. I dati dell’OCSE certificano poi, a conferma di quanto espone l’Oxfam, che tutti gli Stati del G20 incamerano una media di entrate fiscali tra il 7 e poco meno dell’8% tassando la ricchezza dei cittadini (cioè patrimonio, successione, proprietà, etc.), mentre poco più del 32% viene raccolto dalle entrate su beni e servizi, quindi IVA, Goods and Services tax (GST), etc.

La fine della fame nel mondo: una tassa del 5% sul patrimonio dei ricchi “Paperoni”. I super ricchi che sono orgogliosi di pagare più tasse

Eppure alcuni milionari e miliardari non solo sono favorevoli ad imposte maggiori sul loro patrimonio, ma lo hanno anche palesato pubblicamente sottoscrivendo una loro lettera dove affermano che la vera misura di una società “può essere trovata non solo nel modo in cui tratta i suoi membri più vulnerabili, ma in ciò che chiede ai suoi membri più ricchi“.

“Il 2024 potrebbe essere l’inizio di un vero cambiamento se il G20 prendesse sul serio l’aumento delle tasse da parte di persone come me. Con il crescente populismo e la ricchezza stravolgente che vanno di pari passo, non possiamo permetterci un altro anno di abbandono economico senza ulteriori pericoli per la democrazia. Il G20 brasiliano (il 1 dicembre 2023, il Brasile ha assunto la presidenza annuale del G20, sono previsti, nel corso del 2024, più di 100 incontri in diverse città della Repubblica Federale, ndr.) può contribuire a risolvere questo problema se guida gli sforzi globali per tassare noi, i super-ricchi”, sono le dichiarazioni di Marlene Engelhorn.

La Engelhorn è erede dell’impero chimico-farmaceutico e petrolifero tedesco della BASF (Badische Anilin- und Soda Fabrik). Parliamo di un’azienda che nel 2022 ha fatturato oltre 85 miliardi di dollari, con oltre 110mila dipendenti e più di 200 filiali dislocate in svariate aree della terra. La 31enne discende dal fondatore della BASF, l’industriale Friedrich Engelhorn, è nipote di Peter Engelhorn ed ha ricevuto una cifra considerevole (4,2 miliardi di dollari) dalla nonna Traudl Engelhorn-Vechiatto, ha inoltre fondato “Tax me now“, un’iniziativa grazie alla quale si chiedono tasse più alte da far pagare a ricchi e super ricchi. Marlene ha anche dichiarato, in un’intervista, di essere disposta a donare il 90% della sua ricchezza, oltreché essere favorevole all’imposta sul patrimonio.

Le critiche alla trickle-down economics

Il movimento di “Paperoni” ha anche consegnato a Davos (World Economic Forum) la lettera “Proud To Pay More“, coordinata da Patriotic Millionaires, Patriotic Millionaires UK, taxmenow, Millionaires For Humanity e Oxfam. All’interno del documento, tra le altre cose si legge: “Il valore di sistemi fiscali più equi dovrebbe essere evidente. Sappiamo tutti che l’economia a cascata non si è tradotta in realtà. Invece ci ha dato salari stagnanti, infrastrutture fatiscenti, servizi pubblici inadeguati e ha destabilizzato l’istituzione stessa della democrazia. Ha creato un sistema economico vergognoso, incapace di garantire un futuro più luminoso e sostenibile. Queste sfide non potranno che peggiorare se non si riesce ad affrontare l’estrema disuguaglianza di ricchezza. La vera misura di una società può essere trovata non solo nel modo in cui tratta i suoi membri più vulnerabili, ma in ciò che chiede ai suoi membri più ricchi. Il nostro futuro è caratterizzato dall’orgoglio fiscale o dalla vergogna economica. Questa è la scelta”.

I “Paperoni” che hanno siglato la lettera criticano aspramente quindi la trickle-down economics (la cosiddetta economia di gocciolamento) secondo la quale agevolazioni fiscali per imprese e grosse aziende, tra cui facilitazioni su plusvalenze e tasse sul reddito, avrebbero portato ad un allargamento dei benefici alle altre fasce della popolazione, stimolando la crescita economica. La liquidità in più, derivante dalle agevolazioni, avrebbe dovuto quindi portare investitori e grandi imprenditori ad aprire altre strutture produttive, e economiche, etc., di conseguenza a dare lavoro ad altre persone, le banche a favorire il credito per i nuovi investimenti. In soldoni possiamo dire che si è in definitiva verificato quanto previsto dalla teoria dell’economia a cascata?

 

 

 

 

 

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