Due colossi tra e corde del quadrato, i giudici e i gong. L’arbitro in camicia bianca e papillon nero, la folla. Quanti muscoli, e soprattutto quei baffoni. Ecco quello che ricordo del giorno che ho scoperto la Boxe.

Sul ring, a Trecase in piazza San Gennaro, di fianco alla chiesa di Santa Maria delle Grazie e San Gennaro, c’era Ernesto Bergamasco. A guardare uno spettacolo nuovo, affascinante e unico, c’ero io. Avrò avuto massimo sei, sette anni. Ero con mio padre, il direttore de il Gazzettino vesuviano, Pasquale Cirillo, e mi sentivo fortunato, privilegiato a stare in pratica a bordo ring per assistere all’incontro di pugilato, in assoluto il primo della mia vita.

Bergamasco era un superleggeri, un piccoletto, eppure, per quel bambino che guardava affascinato, sembrava un gigante di muscoli.

Negli anni ho incontrato e conosciuto bene la dinastia dei Zurlo e da giovane aspirante giornalista ho intervistato Biagio Zurlo all’indomani del titolo italiano, mentre nella vita non ho mai conosciuto personalmente Ernesto Bergamasco, ma per me è stato sempre l’immagine della boxe del pugilato.

Lo incontrai, per caso e per l’ultima volta a Pompei, diversi anni fa ad una riunione pugilistica, era negli spogliatoi che preparava il suo pugile e gli fasciava le mani. E così, quasi quarant’anni dopo mi sono accorto della sua reale fisicità, ma i baffoni, quelli no! Quelli erano proprio loro.

Ernesto Bergamasco si è spento ieri mattina nella sua Torre Annunziata all’età di 74 anni, lasciando un vuoto nel mondo della boxe, ma soprattutto nel cuore di coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerlo, di apprezzarlo come atleta o di essere stati allenati da lui.

Mentre scrivo, le sue esequie si stanno svolgendo nella parrocchia di San Michele Arcangelo di Rovigliano.

Una vita per la boxe: dal rione Cuparella alle Olimpiadi

Bergamasco giovane tesserato Boxe VesuvianaNato nel Rione della Cuparella, Bergamasco ha affrontato una giovinezza segnata da sfide e da sacrifici. Il lavoro al mattatoio nelle prime ore del mattino era la routine di un ragazzo determinato a superare le avversità. La sua fuga verso la boxe lo condusse alla palestra del maestro Lucio Zurlo, un rifugio dove scoprì più di uno sport: trovò il suo mondo e il modo per esplorare il mondo.

Fu il primo della Boxe Vesuviana a disputare un’Olimpiade, il primo a combattere al Madison Square Garden di New York, il primo a vincere il Campionato Italiano Dilettanti, il primo a disputare il Campionato Italiano Professionisti. Il primo “pugile” oplontino: “il suo primo amore” come ha avuto modo di affermare proprio il maestro Lucio Zurlo.

murales palestra zurloPer i 60 anni della Boxe Vesuviana, appena qualche giorno fa era stato scoperto un murales in cui sono rappresentate le cinque volte della palestra ai Giochi Olimpici. Il primo “cerchio” proprio con Bergamasco, che per primo portò in alto il nome del sodalizio sportivo di Lucio e Biagio Zurlo, che sarà per la sesta volta alle Olimpiadi, a Parigi, con Irma Testa, già Bronzo olimpico a Tokio.

La carriera di pugile di Ernesto Bergamasco è stata caratterizzata da successi a livello nazionale e internazionale. La sua partecipazione alle Olimpiadi di Monaco nel 1972 segnò uno dei momenti più importanti della sua vita sportiva, portando il nome di Torre Annunziata sul palcoscenico internazionale.

I tragici attentati terroristici che colpirono quella edizione dei Giochi, lo condizionarono a tal punto da farlo uscire sconfitto al primo incontro, mentre era andato in Germania tra i favoriti a riportare in patria, la sua patria Torre Annunziata, una medaglia Olimpica.

Lo choc delle Olimpiadi di Monaco 1972

Bergamasco raccontò al giornalista Adriano Cisternino nel libro “Le stelle del ring” (Video Free International) lo choc provato nei momenti più tragici della strage dei terroristi palestinesi di “Settembre Nero” nel villaggio olimpico con 17 morti, 11 ostaggi, 5 guerriglieri.“Spararono a pochi metri dal nostro alloggio, io stavo in camera con Lassandro, peso welther marchigiano. Corremmo alla finestra e ci rendemmo conto che non era uno scherzo. Noi pugili ci riunimmo in un’unica stanza. Io ero il capitano. Eravamo letteralmente terrorizzati. Quella sera toccava a me. Salii sul ring sconvolto dagli eventi, ero quasi paralizzato, non riuscii a portare un solo pugno in tre riprese. Persi con un tailandese, tale Bantow, avversario che in altra occasione avrei battuto senza problemi. Ma in quelle condizioni, come tutti i miei compagni, non vedevo l’ora di tornare a casa”.

Nel 1971 ad Udine ed a Roma nel 1972 conseguì il titolo di campione d’Italia dilettanti sempre nella categoria superleggeri.

Dopo l’esperienza olimpica passò professionista e vinse 19 match di seguito. Nel 1974 combatté per il titolo italiano dei superleggeri, senza riuscire a conquistarlo. Altri incontri, altre vittorie fino al 1978 quando provò nuovamente l’assalto alla cintura italiana dei superleggeri, ma questa volta la sconfitta lo portò ad abbandonare la carriera agonistica a soli 28 anni. Ernesto Bergamasco nella vita lavorativa fu agente di Polizia Municipale del Comune di Torre Annunziata.

bergamasco pugilistica oplontiL’amore per la nobile arte lo riportò sul ring, ma non come pugile. Fondò la “Pugilistica Oplonti” nel quartiere Deriver e negli anni vi fece crescere i suoi campioni: il figlio Raffaele, pluricampione italiano di boxe e poi tecnico per 16 anni, prima della Nazionale italiana, e poi in India e successivamente in Belgio. Inoltre, sotto la sua guida, tra i professionisti, Alfonso Pinto fu medaglia d’argento agli Europei e Pietro Aurino, a Londra nel 2002, provò, senza fortuna, la conquista del titolo mondiale dei pesi massimi leggeri.

Madison Square Garden bergamascoBergamasco ha rappresentato l’Italia in numerose competizioni internazionali, combattendo in tutto il mondo e guadagnandosi il rispetto dei suoi avversari e degli appassionati di boxe. Il suo stile tecnico e potente gli ha valso l’ammirazione di molti, compreso il leggendario Rocky Marciano, che lo cercò fin dentro gli spogliatoi per congratularsi con lui dopo un’indimenticabile performance contro il portoricano Juan Ruiz, al Madison Square Garden di New York.

Buon viaggio “Leone di Oplonti” e grazie per la passione, per le vittorie, per tutti quei ricordi, anche i miei. Ah, grazie anche per quei baffoni da duro che non dimenticherò mai.

Gennaro Cirillo

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