Poche ore fa l’ultimo “bollettino di guerra” di area napoletana comunicava, freddamente, che in due incidenti sul lavoro erano “morti due operai in due diversi cantieri del napoletano”. Due, tre, uno, cinque: ogni giorno, qualcuno, senza distinzione di etnia, sesso o età, che si alza al mattino per andare a guadagnare un tozzo di pane col sudore della fronte, in questo Bel Paese ci lascia la pelle.
Morire di lavoro in Italia
Spesso perché chi quel lavoro glielo aveva proposto poi non gli ha dato i mezzi necessari per salvaguardarsi dagli incidenti. O, peggio, per lucrare qualche euro in più, gli li ha persino tolti. Certo, le ditte, piccole o grandi che siano, lavorano al risparmio. Ogni euro risparmiato è un euro guadagnato. Alla fine sono migliaia o anche milioni, quelli che i soci si divideranno. Nessuno si dividerà le morti, però. Quelle se le dovranno dividere i familiari, le mogli, i figli, i fratelli, le mamme. Brutta storia. Anzi, pessima.
Una storia che accomuna nella tragedia l’Italia intera. Non c’è regione che si salvi. L’Inail, l’Istituto nazionale infortuni sul lavoro, tra infortuni e decessi porta un conto salato per il 2023 perché il totale si è attestato nell’ordine dei centocinquantamila casi. Quest’anno, solo nei primi tre mesi, parliamo di circa 23mila denunce per lavoratori che sono stati colpiti da malattie professionali. Patologie che spesso sono invalidanti, come quelle delle ossa e delle articolazioni, o che conducono alla morte come i tumori derivati dall’esposizione alle fibre di amianto o a esalazioni di sostanze tossiche.
Il tutto mentre i politici dichiarano i loro “Mai più” che sanno di beffa
Insomma, in tantissimi casi, l’assoluta assenza di rispetto delle norme di sicurezza, che pure in Italia sono sostenute da una legislazione all’avanguardia, alla fine esige il pagamento di un salatissimo conto.
Spesso a pagarlo sono gli “invisibili” ovvero quei lavoratori di colore che caporali senza scrupoli vanno a intercettare sugli incroci delle strade di grande comunicazione, per la giornata come muratore o raccoglitore in mezzo alle campagne. Gente poco preparata professionalmente che è costretta dalla situazione contingete a sottostare a orari lavorativi impossibili e a paghe orarie da fame.
Ancora più spesso sono gli anziani, che dopo una vita di lavoro, spesso usurante, sono costretti dalla misera pensione a fare lavori pesanti, in nero, magari, per portare pochi euro a casa e consentire così di sbarcare il lunario alla famiglia. Il tutto mentre i sindacati denunciano la mancanza di ispettori, i politici promettono interventi “pesanti” e dichiarano i loro “Mai più” che sanno di beffa, i datori di lavoro se ne fottono e le croci dei “ morti di fatica per un tozzo di pane” fanno triste mostra all’ombra dei cipressi.
Carlo Avvisati