Se dici Santuario di Pompei il pensiero va automaticamente a Bartolo Longo, l’avvocato pugliese trapiantato a Napoli che sul finire del 1800 ideò e condusse a termine la costruzione della grande basilica oggi meta di milioni di visitatori e di fedeli provenienti da tutto il mondo. Ma non tutti sanno che dietro Bartolo Longo c’era la presenza instancabile e laboriosa di una giovane contessa, di origini pugliesi anche lei, sposata con il campano conte Albenzio De Fusco (era di Lettere), rimasta vedova giovanissima e con cinque figli e avviata alla pratica di benefattrice dalla lunga comunanza con Caterina Volpicelli, la ragazza della Napoli-bene che sarebbe diventata santa.
La vita di Marianna Farnararo De Fusco è scandita da tutta una serie di iniziative caritatevoli, sempre al fianco della Volpicelli e di Bartolo Longo (i due si sposarono per mettere fine alle dicerie che circolavano sulla loro unione spirituale) che fanno di lei, a buon diritto, non solo la cofondatrice del Santuario, ma una gigante della storia della Chiesa in generale. Tutte le opere, varate in tandem con Bartolo Longo, sono ancor oggi presenti a Pompei e confermano la statura sociale, morale e religiosa di questa pugliese trapiantata in Campania, che forse per tanti anni è rimasta erroneamente nell’ombra.
Il volume “Contessa carità”, uscito proprio in questi giorni, è stato suggerito all’autore, Lino Zaccaria, dalla recente commemorazione dei cento anni dalla morte (a febbraio del 1924, a Pompei). E oltre a ripercorrere la biografia della Farnararo, Zaccaria ci mette del suo, traccia, nel ricordo delle testimonianze orali trasmessegli dal padre, i momenti in cui, all’inizio del 1900, subito dopo la fine della prima guerra mondiale, il genitore allora ragazzino si recava con tutta la sua famiglia in visita a Pompei alla zia Mariannina (era la sorella di una sua antenata e in famiglia veniva appunto chiamata zia). Nel libro inoltre emergono anche tracce di un epistolario che Marianna intratteneva con il nonno dell’autore.
Ne vien fuori un pamphlet intenso, tutto da leggere, in cui ai ricordi di famiglia si aggiungono preziose ricostruzioni della vita misericordiosa di Marianna e in cui soprattutto scaturisce la precisa sensazione che senza di lei (vendette le sue terre di Pompei per contribuire alla costruzione) il santuario oggi non ci sarebbe stato.
L’agile volumetto che fa parte della collana “Sorsi” (casa editrice Giannini) si chiude con un interrogativo che attraversa molti e che ha attraversato negli anni scorsi anche l’allora sindaco di Monopoli Walter Laganà: perché mai la Chiesa non ha pensato di rendere lode alla contessa Farnararo, che visse circondata da santi e da beati che, oltre alle commemorazioni per il centenario della morte e ad una eccellente biografia della scrittrice Ada Ignazzi, finora non ha avuto altro riconoscimento?
Il volume di Lino Zaccaria sarà presentato venerdì 24 maggio alle 10,30 presso la sala consiliare del Comune di Pompei (piazza Bartolo Longo 36). Dopo gli indirizzi di saluto del sindaco Carmine Lo Sapio e del presidente dei Lions Club Pompei Host Claudio D’Alessio, interverranno Monsignor Tommaso Caputo, arcivescovo di Pompei e don Salvatore Sorrentino, storico dell’Archivio “Bartolo Longo”. Letture di Antonio Leccisi, modererà il giornalista Giuseppe Pecorelli.