Campi Flegrei, forza della natura

Un luogo in continua trasformazione, l’area dei Campi Flegrei. Che, ad intervalli sempre più ravvicinati, fa parlare di sé, tra fascinazione e inquietudine

La parola di origine greca che ha dato il nome ai Campi Flegrei (phlegraios, ardente) racchiude tutta la forza di una natura mutevole e inarrestabile, che, in quest’area ad ovest di Napoli, estesa per oltre 12 chilometri, si è sempre dimostrata fedele alle sue origini. Tornando a fare notizia per la sua storia eruttiva, con il suo carico di comprensibile paura e smarrimento tra i suoi abitanti, anche in tempi recentissimi.

La mitologia associa questi luoghi alla sepoltura dei Titani

Si tratta di un luogo in cui l’uomo, sfidando le forze della natura, è intervenuto sin dai tempi antichi, lasciando traccia delle stratificazioni culturali che hanno visto alternarsi in questa zona dapprima le popolazioni autoctone, e poi i Greci e i Romani, che, nel I secolo d.C., vi edificarono l’Anfiteatro Flavio, terzo per dimensioni dopo il Colosseo e l’Arena di Verona. La mitologia associa questi luoghi alla sepoltura dei Titani, antenati degli dèi dell’Olimpo, colpevoli di aver osato sfidare questi ultimi per la conquista del trono celeste.

Si direbbe che, ancora oggi, gli echi di un passato in bilico tra leggenda e realtà, continuino a farsi sentire con ancora maggior forza, ricordando all’uomo quanto il respiro della terra sia potente e la sua energia inesauribile.

Una conformazione geologica risalente a migliaia di anni fa

Lo dimostrano le solfatare, eterne e in costante attività, che, dall’origine del mondo, hanno accompagnato tutte le popolazioni della storia, svelando una conformazione geologica risalente a migliaia di anni fa, non sempre percepita dall’uomo come minacciosa. Tanto da indurlo a sfruttare questi siti dei Campi Flegrei come aree termali, in voga soprattutto in epoca romana, quando il benessere del corpo era una priorità irrinunciabile.

Il patrimonio storico-artistico che, in questa zona, forma un tutt’uno con la natura e il mare, comprende, tra i siti e i monumenti che caratterizzano il Parco archeologico dei Campi Flegrei, il territorio di Cuma, uno dei siti più evocativi di un passato sempre attuale.

Cuma, la Sibilla e i Campi Flegrei

Prima colonia greca del Mediterraneo occidentale, la più antica e lontana dalla madrepatria, ha il merito di aver diffuso la cultura ellenica in Italia, e la suggestione che ne deriva è principalmente legata alla figura della Sibilla, realmente esistita, oltre alle altre storie ambientate in questi luoghi e tramandate per secoli.

In origine, l’area di Cuma sembra aver ospitato una semplice cava di pietra dalla quale ricavare il tufo per edificare l’acropoli. Gli scavi effettuati in epoca romana per creare uno percorso sotterraneo legato alle fortificazioni ha, probabilmente, fatto attribuire alle cavità ipogee l’appellativo moderno, circondato da un’aura di mistero, di “antro” della Sibilla cumana.

Un ponte culturale tra “Partenope” e i popoli del mare

Qui, mito e realtà si confondono, evocando sia Virgilio, che descriveva, nel suo poema epico, la tappa cumana del viaggio di Enea e il suo incontro con la Sibilla, sia il culto di Apollo, anch’esso molto presente e valorizzato dalla presenza di sacerdotesse e oracoli che facevano da tramite tra l’atavica propensione dell’uomo a cercare risposte ai propri interrogativi, e la volontà divina che si materializzava attraverso i loro responsi.

L’importanza di Cuma sta nell’aver creato un ponte culturale, oltre che commerciale, tra la terra partenopea e i popoli provenienti dal mare, che conoscevano già questi luoghi e qui decisero di stabilirsi, facendo coesistere le necessità del vivere quotidiano con la dimensione metafisica del culto religioso. E, grazie ai greci, tramandando la propria memoria attraverso il prezioso strumento della scrittura.

Viviana Rossi

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