Magari Mariani meriterebbe menzioni migliori: mai mie.
Meglio moderarmi?
Mah…
Medito. Ma mi misuro.
Molto meglio. Mentirei, mancando.

No, non sono impazzito.
E alle troppe coincidenze io “nun ce credo”, come direbbe il Capitano dei Carabinieri protagonista dei miei romanzi editi da Avagliano.
Ma sono settimane che me n’è saltata agli occhi una serie incredibile.
Tutta relativa a “’o Capitano”.

Da tempo avevo promesso all’attuale direttore de il Gazzettino vesuviano (in passato scrissi anche per il padre, decano della nostra razza di cronisti vesuviani) che avrei buttato giù qualcosa per questa storica testata sul mio ufficiale dell’Arma, e che lo avrei fatto non appena avessi trovato le parole giuste.

Beh, ho cambiato idea.
Invece che le parole, ho trovato una lettera sola
La emme. La “M”.
La stessa lettera iniziale delle diciotto parole che aprono questo pezzo.

Zorro aveva la “zeta”. Superman la “S”.
E poi c’è la “emme” di Mariani.
Quel Romano de Roma, mandato a comandare una Compagnia ai piedi del Vesuvio.

“’O Capitano”, (come lo chiamano i suoi uomini e i fans in tutta Italia), pare proprio avere la “emme” nel suo destino.

Non ci credete?
Facciamo una prova, così un po’ alla rinfusa…

“M” come Mariani. Giulio Mariani. L’ufficiale dell’Arma al centro di quella che è già una trilogia di romanzi che ha cambiato il modo di intendere il giallo e il noir.

“M” come maggio, questo mese. Mese dei libri e del Salone internazionale del libro di Torino, dove Mariani ha fatto sold out di nuovo, bissando i risultati dello scorso anno. Mese in cui esce questo pezzo.

“M” che è l’undicesima lettera, e proprio l’undici maggio (mese con la M…) “Mala fede” ha avuto il suo miglior exploit al Salone di Torino.

“M” come “Mala fede”, il titolo del romanzo che chiude la prima trilogia delle indagini del nostro Capitano, e che sta avendo così tanti successi (adottato anche dalle biblioteche universitarie di Harvard e Princeton, fra l’altro).

“M” come Meridies, o meglio Premio Meridies per la letteratura, vinto da “Mala fede”.

“M” come Mese Mariano, e come maggio, proprio il periodo in cui sono ambientate le vicende di questo mio terzo giallo.

“M” come il simbolo che un grande Pontefice del recente passato scelse per il proprio stemma, e che trovate nascosto fra le righe di “Mala fede”.

“M” come Mondadori, e proprio in questo maggio una mia nuova storia “gialla” – Il piano perfetto – è stata finalista al concorso Gialli Mondadori-Gialli.it (e la notizia che ero in finale è arrivata proprio nel giorno della Supplica dedicata a Maria del Rosario a Pompei…).

“M” come Maria Vergine, come Madonna, appena nominata: che è al centro delle vicende del mio terzo libro, insieme al Santuario della Beata Vergine di Pompei e al culto Mariano stesso.

“M” come Marianna Farnararo, vedova De Fusco, poi compagna di vita e di opere di Bartolo Longo, fondatore del Santuario di Pompei. Ci sono anche loro, e la loro storia, nel mio romanzo.

“M” come mistero: nelle mie trame ce n’è sempre tantissimo.

“M” come morte e come morti: e cosa sarebbero dei libri gialli senza vittime e senza assassini?

“M” come maggiordomo: e state certi che, nelle mie opere, lui non sarà mai il colpevole.

“M” come mare: quello che fa da contraltare al Vesuvio, come sfondo e come coprotagonista di ogni mia storia. Perché noi siamo la nostra terra e la nostra terra è in noi.

“M” come magma. Ovviamente. Quella del nostro vulcano, che nelle mie storie non è paesaggio ma personaggio. E che scorre nel nostro sangue.

“M” come montagna. O meglio, “’a muntagna”, come gli anziani chiamavano il Vesuvio stesso.

“M” come mente. Quella criminale degli antagonisti di Mariani, che in ogni mio romanzo lo mettono alla prova, e non poco. E quella finissima del Capitano stesso, che riesce sempre a trovare il bandolo della matassa. Matassa, con la “M”, naturalmente: quella degli indizi, delle tracce, delle prove che portano al colpevole e lo inchiodano.

“M” come mentire. Come menzogne: ogni criminale ne erige un muro intorno a sé per sfuggire alla cattura e portare a termine i propri piani.

“M” come messaggi. In codice, quelli che hanno tenuto impegnato Mariani nel mio secondo romanzo, “Requiem sull’ottava nota”.

“M” come “Mysstery”, il premio nazionale vinto al Festival del Giallo di Napoli proprio dalla mia seconda opera (e, guarda caso, entrambi i premi vinti dai miei libri iniziano per M).

“M” come Muller. Tedesco? No, Svizzero. Uno pericoloso assai. Mercenario, se volete (con la M, ovviamente…). Ma nel senso migliore del termine. E se volete saperne di più, dovrete leggervi “Mala fede”.

“M” come monache. E in “Mala fede” ce ne sono diverse. Cercatele e, forse, le troverete tutte. Ma non è detto…

“M” come minori. Quelli dell’istituto minorile di Nisida, dove Mariani è “entrato” per un progetto di lettura con ““Requiem sull’ottava nota”” che parla fra l’altro del delicato tema del reclutamento dei giovanissimi da parte dei clan.

“M” come Maria Di Nola, minorenne pure lei, come tutti i suoi numerosi fratelli e sorelle, al centro di una brutta brutta storia di cui Mariani si deve occupare in “Mala fede”.

“M” come Mariasole di Maio, attrice oplontina giovane, splendida e splendidamente preparata, che a Mariani è unita a doppio filo, ed è stata la voce di Maria Di Nola durante la presentazione del libro all’Eur, alla fiera del libro di Roma “Più libri più liberi”.

“M” come Martire. Gea Martire. Grandissima attrice e grande amica di Mariani pure lei, che – in tempi non sospetti – diede magnifica prova di sé con delle emozionanti interpretazioni di brani tratti dal mio primo libro “La fiamma spezzata”, a Sorrento. E altrettanto emozionanti sono state le performances di Rodolfo Medina (con la M) e Mario Grazio Balzano (con la M anche lui) in tante occasioni in cui hanno dato voce, atmosfera e vita ai miei personaggi.

“M” come Mehari. Casa Mehari: il bene confiscato alla camorra dove, a Quarto, sono stati presentati i libri e dove un altro grande amico ed artista, Arturo Delogu, ha dato voce a Mariani & co.

“M” come “mio cugino”: Corrado Taranto, attore e artista di razza – nel vero e più nobile senso della parola: figlio di Carlo e nipote di Nino. Anche lui mi ha fatto l’onore di dare vota e voce all’universo di Mariani.

“M” come Madama. Palazzo Madama. Dove, come già accennato, il mio terzo romanzo è stato al centro di un tavolo tecnico come esempio di letteratura capace di veicolare correttamente i temi della legalità e della lotta al crimine (e a quel tavolo, a rappresentare l’Arma, per conto delle altissime sfere della Benemerita, c’era, guarda un po’ il Generale Manzo. Con la M).

“M” come mafie. Sono quelle che Mariani si trova spesso a dover combattere. E che gli danno tanto filo da torcere. Imbattibili? Secondo Giovanni Falcone, essendo la mafia un fenomeno umano, come tutti gli altri, prima o poi avrà una fine. Secondo me, se posso, c’è invece sempre da aspettarsi un loro mutamento. Con la M.

“M” come Maria Falcone, sorella del compianto magistrato Giovanni, paladino insuperato della lotta alla Piovra. Lei fu con noi al tavolo quando, a Palermo, fu presentato “Requiem sull’ottava nota” al congresso nazionale Siedas.

“M” è il simbolo dell’uomo misterioso che al termine della seconda indagine di Mariani gli manda un plico in latino e polacco.

“M” di motore elettrico, quello inventato da Antonio Pacinotti. E per il Maggio dei libri, “Mala fede” è stato al centro di un dibattito proprio al “Pacinotti” di Scafati.

“M” di magistrato, quello che affianca sempre Mariani nelle sue indagini: la PM Clara di Fiore.

“M” come migliore amico: quel Gianluigi Alfano giornalista, che nei miei gialli fa da contraltare al Capitano per mille confronti e aiuti reciproci.

“M” come mani e muscoli: ovvero l’arsenale di uno dei due uomini di fiducia di Mariani, il Brigadiere Giggino – con due G- Soriano, detto Goldrake (il che spiega tutto).

“M” come Maresciallo. L’altro uomo di fiducia. Il Maresciallo per antonomasia, Guido Di Filippo, capo del Nucleo Operativo della Compagnia comandata da Mariani.

“M” come Maligno. Non semplicemente “maligno”, con la minuscola. Ma Maligno, con la maiuscola. Il Maligno. Quello che ci hanno sempre rappresentato con corna e coda. E che sembra fare capolino nelle vicende di “Mala fede”.

“M” come militare. Mariani e i suoi lo sono, essendo Carabinieri. Con le mostrine. Pure loro con la M. E un militare, Ciro Casillo, è al centro del cold case del mio primo romanzo, “La fiamma spezzata”

“M” come mamma. Che, a casa Mariani, si chiama Francesca, ed è la signora Mariani. Vera spina dorsale del nucleo familiare. Carabiniera pure lei, ante litteram, seppur senza uniforme. Carabiniera nell’animo, di quando nell’Arma le donne non potevano ancora esserci.

“M” come millenovecentonovanta… Perché in quel decennio sono ambientati i miei romanzi.

“M” come “Mo’ vado de sopra e me butto de sotto” e come “Mortacci tua…”. Due espressioni che Mariani usa quando proprio esce fuori dal protocollo…

“M” come Maradona. Che suo malgrado, senza saperlo, ha avuto un ruolo nelle vicende del mio secondo libro, “Requiem sull’ottava nota”.

“M” come Mariano (guarda un po’…). Mariano Ciaravolo. Grandissimo artista e – soprattutto – ineguagliabile amico di una vita. Sono suoi i meravigliosi bozzetti del Capitano, disegnati con un tratto unico, e che ci hanno permesso di “guardare in volto” il nostro protagonista.

“M” come mangiare. E due miei racconti, in questo maggio, sono stati pubblicati nel libro “Le ricette avvelenate del club dei delitti di carta”. Anche lì la presenza di Mariani si avverte sullo sfondo…

“M” come Marzia. Marzia Siano, degli “Irregolari del Festival del Giallo”: è stata lei una delle principali curatrici del libro di cui sopra, sotto la guida di Anita Curci.

“M” come marzo. Marzo 2025. Data importante di un possibile poker. E per adesso non diciamo di più.

“M” come Manu e come Mirella. Le cercherete nella quarta indagine del Capitano Mariani. Loro ci saranno, ma non le troverete. A meno che….

“M” come “ma chi se lo aspettava”: il Capitano Mariani ed io siamo finiti nel saggio “Storia del giallo a Napoli” scritto da Ciro Sabatino per Homo Scrivens.

“M” come “Magari!”. ‘O Capitano arriverà sullo schermo? Me lo chiedono in tanti, sempre più spesso. E quella è la risposta che io posso dare per adesso, con estrema prudenza e senza espormi troppo: magari. Perché presupposti e segnali ci sono, ma meglio non mettere il carro avanti ai buoi.

“M” come “meglio smetterla ora. O questo gioco della “M” diventa pesante.
Ma se vi viene in mente qualche altra “M” legata al Capitano, fatemelo sapere.
Come diceva Arbore nel famoso spot della birra: “Meditate, gente. Meditate”. Con la M.

Giovanni Taranto

Donazione sostieni il Gazzettino Vesuviano