Castellammare, omicidio Tommasino: nomi e collegamenti

Il movente dell'omicidio di Gino Tommasino è stato ricostruito con precisione grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, tra cui Salvatore Belviso e Raffaele Polito

Castellammare, l'inchiesta sull'omicidio Tommasino: i nomi, i collegamenti ed i colletti bianchi. Una delle pagine più buie della città

La città di Castellammare di Stabia si ritrova nuovamente al centro delle cronache giudiziarie con l’annuncio di nuovi sviluppi nell’inchiesta sull’omicidio di Gino Tommasino, consigliere comunale del Partito Democratico, avvenuto nel 2009. I Carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di sei membri del clan D’Alessandro, responsabili di una serie di omicidi. Tra gli arrestati figurano anche i mandanti dell’agguato che ha tolto la vita a Tommasino la sera del 3 febbraio 2009.

Castellammare, l’inchiesta sull’omicidio Tommasino

L’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip di Napoli Marco Giordano, ha coinvolto diversi esponenti di spicco del clan D’Alessandro. Tra questi, Vincenzo D’Alessandro, attualmente a piede libero, e Sergio Mosca, già detenuto in regime di 41bis. La Procura di Napoli ha identificato questi individui come i mandanti dell’omicidio di Gino Tommasino, affermando che l’ordine di uccidere il consigliere comunale fu dato per punirlo di presunti mancati accordi con il clan.

L’ordinanza cautelare ha colpito anche altre figure chiave del clan, come Paolo Carolei, Catello Romano, Michele Massa e Antonio Lucchese. A questi individui vengono contestati, a vario titolo, altri crimini, tra cui il duplice omicidio di Carmine D’Antuono e Federico Donnarumma, avvenuto nel 2008. Donnarumma, ucciso per errore, era una vittima collaterale in un agguato mirato a D’Antuono.

I nomi, i collegamenti ed i colletti bianchi

Catello Romano, uno dei principali accusati, è stato notificato con l’ordinanza all’interno del carcere dove sta scontando una pena per altri reati. Laureatosi con 110 e lode in prigione, Romano è ora accusato anche di associazione a delinquere di tipo mafioso, oltre che di diversi raid violenti tra cui la gambizzazione di Catello Scarica e l’omicidio di Nunzio Mascolo.

Il movente dell’omicidio di Gino Tommasino è stato ricostruito con precisione grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, tra cui Salvatore Belviso e Raffaele Polito. Questi collaboratori hanno rivelato che l’ordine di eliminare Tommasino fu impartito da Sergio Mosca, con l’approvazione del capoclan Vincenzo D’Alessandro. Il consigliere comunale, che aveva ottenuto il suo potere politico grazie al sostegno del clan, era visto come un traditore per essersi distaccato dal gruppo criminale e per non aver rispettato gli impegni presi.

Una delle pagine più buie della città

Belviso ha raccontato nei dettagli il piano omicida, spiegando che l’ordine iniziale era di ferire Tommasino alle gambe, ma che successivamente si decise per la sua eliminazione definitiva. Questo cambio di piano venne giustificato come una misura necessaria per eliminare una minaccia percepita.

Le indagini hanno evidenziato i forti legami tra il consigliere Tommasino e il clan D’Alessandro. Gino Tommasino, noto anche come Luigi, era strettamente connesso a Pasquale D’Alessandro, il capo clan. Questi rapporti sono stati un fattore determinante nell’escalation che ha portato al suo omicidio. Tommasino, grazie al supporto del clan, aveva acquisito una posizione di rilievo nella politica locale, ma la sua successiva indipendenza ha innescato la reazione violenta del gruppo criminale.

La strage delle Terme

L’omicidio di Tommasino è solo uno degli episodi violenti legati al clan D’Alessandro. La cosiddetta “Strage delle Terme”, nella quale fu ucciso D’Alessandro, fondatore del clan, è un altro evento che ha segnato profondamente la storia criminale della regione. Carmine D’Antuono, ucciso nel 2008, era ritenuto responsabile della morte di Domenico D’Alessandro, e questo ha portato a una serie di vendette e regolamenti di conti tra i clan rivali.

Le confessioni dei collaboratori di giustizia sono state fondamentali per ricostruire la dinamica dell’omicidio e per identificare i mandanti. Salvatore Belviso e Raffaele Polito hanno fornito dettagli preziosi sulle modalità dell’agguato e sui motivi che hanno spinto il clan a ordinare l’uccisione di Tommasino. Polito ha anche rivelato che tra le ragioni dell’omicidio vi era una presunta sottrazione di denaro, circa 30.000 euro, che Tommasino avrebbe dovuto al clan.

Una ferita profonda nella città

La notizia dei nuovi arresti ha suscitato forti reazioni nella comunità di Castellammare di Stabia, specialmente in vista delle imminenti elezioni comunali. La vicenda di Gino Tommasino, ucciso mentre era in auto con il figlio quindicenne, ha lasciato una ferita profonda nella città. La scoperta dei mandanti e la loro cattura rappresentano un passo importante verso la giustizia, ma anche un momento di riflessione sulla necessità di combattere la criminalità organizzata e di proteggere le istituzioni democratiche.

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